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Cacciari: il pericolo fascista è una farsa

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Massimo Cacciari rigetta la farsa fascista. O meglio, la presunzione di certa sinistra secondo cui l’Italia, ciclicamente, e sempre vicino alle elezioni, viva un vero e proprio “pericolo fascista”. Secondo il filosofo, questo timore “è altrettanto realistico dell’entrata di un’astronave in un buco nero”. Ovvero quasi impossibile. “Le condizioni storiche, sociali, culturali di quel caratteristico fenomeno totalitario – scrive sulla Stampa – non hanno alcun remoto riscontro nella realtà attuale di nessun Paese”.

Per capirlo basta studiare un po’ di storia. Il fascismo nel momento in cui spiccò il volo godeva “dell’appoggio diretto o indiretto di settori decisivi dell’industria, della finanza e di apparati dello Stato ad altissimo livello”. E nessuna di queste potenze oggi “ha il benché minimo interesse a sostenere prospettive analoghe”. “La “verità di fatto” – insiste Cacciari – è che i movimenti che si richiamano a quella tragedia sono farse, per quanto dolorose, che nulla politicamente potranno mai contare, e il cui unico risultato è e sarà quello di ridurre tutto al bianco-o-nero, di impedire ogni seria discussione sull’incredibile susseguirsi di emergenze in cui viviamo e sulla possibilità di affrontarle con spirito democratico”. Piuttosto, ragiona il filosofo, se ancora alcuni si definiscono fascisti allora forse bisognerebbe ragionare “sulle straordinarie qualità del nostro sistema formativo e della nostra azione politica”. Il tono ovviamente è ironico.

Inoltre, aggiunge Cacciari, “è una ‘verità di fatto’ che decenni di stati di emergenza variamente dichiarati” abbiano messo in difficoltà l’essenza stessa della democrazia. “Tranquilli: – aggiunge – nessun fascismo sarà comunque nei nostri destini. Il pericolo che cresce quotidianamente è tutto un altro: che la persona scompaia fagocitata dalle paure, dalle avarizie, dalle invidie, dai risentimenti dell’individuo, in cerca affannosamente di chi lo rassicuri, lo protegga, lo consoli – quell’individuo che non riconosce nessuno oltre se stesso e che insieme esige forti pastori – che in nessuno confida se non in chi di volta in volta gli sembra potente abbastanza da servire al proprio individuale interesse”. Il timore è che “se le forze e le culture politiche si divideranno nella rappresentanza di queste pulsioni”, specializzandosi chi in questo chi nell’altro pericolo, allora “dove finiremo nessuno lo sa o può dirlo”. Ma “certo sarà un regime che assolutamente nulla ha a che fare con i mantra democratici che continuiamo a ripetere, pietoso velo del naufragio che ha subito fino a oggi ogni tentativo di riforma del nostro sistema istituzionale e del rapporto tra le sue funzioni e i suoi poteri”.

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