EconomiaLa posta dei lettori

Caro Porro, era prevedibile: ti spiego le 9 rogne del Superbonus

conte bonus 110

Caro Porro,

seguo regolarmente sia la “Zuppa quotidiana” che Quarta Repubblica e li trovo in generale molto validi, se posso permettermi alcuni spunti su temi di attualità (un punto l’ha trattato anche lei oggi nella “Zuppa”) anche a seguito dell’intervista all’on. Conte (dico “on.” perché ora è Deputato, non più Presidente del Consiglio).

1) Superbonus e cessione dei crediti

a) La cessione è sempre stata una facoltà, non un obbligo per gli acquirenti (banche), e le imprese (ed i proprietari!) avrebbero dovuto avere questo punto sempre ben presente quando proponevano contratti e lavori (in altre parole, il rischio di non cedibilità/cessione avrebbe dovuto essere chiaro da subito, nel mondo liberale si chiama anche “rischio d’impresa”). Certo è più facile ottenere contratti al grido “è tutto gratis, c’è lo sconto in fattura”, ci sono molte meno discussioni circa la congruità dei prezzi!

2) La “compensazione con gli F24

Se ne discute, ma a mio modesto parere è una sciocchezza colossale, perché i problemi delle banche non sono la liquidità (cioè che non hanno soldi in cassa per comprare i crediti) ma l’utilizzabilità (cioè non pensano di fare utili futuri così elevati da “consumare – pardon, compensare -) i crediti che acquistano (e tralascio tutti gli aspetti relativi ai rischi legali su cui si potrebbe discorrere a lungo). Se in poche parole si “usa” il mio F24 per “compensare” un credito da sconto fatture, l’effetto sul bilancio dello Stato resta negativo perché:

  1.  i soldi nel “mio F24” non raggiungono il tesoro,
  2. perché tutto il credito maturato (che si sarebbe “scaricato” in 5 / 10 anni) si scarica tutto e subito;
  3. perché magari con il meccanismo “vecchio” (utilizzo in sede di dichiarazione dei redditi) non avrei potuto utilizzare tutti i crediti.

Si risolve quindi un non problema – la liquidità delle banche – senza toccare la sostanza del problema per il bilancio dello Stato e senza cambiare i termini del problema (cassa verso competenza e sopratutto sostenibilità futura, quando tutti questi crediti portati in detrazione ridurranno pesantemente le entrate nette dello Stato);

3) Alcuni numeri di base

Forse varrebbe la pena di ricordare alcuni numeri di base, e cioè che il 50% circa degli Italiani paga “zero” Irpef, per cui la domanda che lei si è posto oggi (se dichiaro meno di Euro 10.000/anno lordi, come faccio a comprarmi Euro 10.000 di infissi?) è assolutamente legittima e lo è tanto di più se si considera che il reddito medio annuo lordo degli italiani (quindi tutti gli italiani e prima delle imposte!) è di Euro 30.000 circa. Ci si dovrebbe allora chiedere come è possibile che uno compri una villetta unifamiliare con Isee (auto-dichiarata!) di Euro 15.000 o anche di 40.000, o anche solo come paghi la bolletta del riscaldamento e della luce, e se sia corretto che chi non paga praticamente nulla alla società (inclusa la copertura della spesa sanitaria, che in Italia viene effettuata tramite Irpef) debba ricevere gratis dalla collettività il capotto termico.

Tra l’altro se posso dare un umile suggerimento, farei un’inchiesta su quell’obbrobrio che è l’Isee, che peraltro credo sia sostanzialmente auto-dichiarata ma che governa una parte sostanziale delle erogazioni di servizi pubblici, dalle tasse scolastiche ai ticket sanitari, agli assegni familiari passando per i bonus ristrutturazione ed altre facezie (con l’effetto finale che chi paga le tasse deve anche ripagare di nuovo tutti i servizi, oppure finisce alla fine delle liste di attesa…).

4) Troppe truffe

Le “truffe” sui vari bonus edilizia prendono varie forme: sicuramente il bonus facciate ha una brutta reputazione (giustamente credo), ma anche per il resto non si scherza, tra “lavori trainati” e “lavori trainanti”, tra sovra-fatturazione di “lavori trainanti” e lavori non riportati sui condomini o sulle case (tinteggiature scale, manutenzione non valida ai fini del Superbonus “affondata” negli altri lavori, ascensori fatti / rifatti con bonus per barriere architettoniche ecc.), con costi e margini industriali moltiplicati perché tanto paga lo Stato;

5) L’utile delle aziende

Se i lavori fatti sono pari a 120 miliardi di euro, quale è stato il margine/utile delle aziende? Ora si legge che dato che 14 miliardi di crediti sono nei cassetti fiscali, falliranno tutte o comunque molte. Tralasciando quanto detto sopra, 14 miliardi sono il 12% di 120 miliardi, se una impresa edile non ha un margine/utile del 14% forse è meglio se cambia mestiere o fallisce, ma se ha fatto tali utili, non sono sicuro di capire le lamentele (tranne l’antico “chiagni e fotti“…)

6) Il manuale dell’Eurostat

Leggo che l’ultimo manuale di Eurostat che richiede la contabilizzazione immediata dei crediti ceduti è del 2010 (non di ieri, né una nuova interpretazione quindi), per cui ci sono solo 2 possibilità:

  1. chi ha “inventato” lo sconto in fattura è un totale inetto ed incapace (dubito però che nessuno al Mef se ne sia accorto…) oppure
  2. è un totale delinquente che ha contato sulla contemporanea decisione della Ue di “sospendere” i criteri di finanza pubblica (deficit e debito) in occasione della crisi pandemica per fare spesa sostanzialmente clientelare.

7) Considerazioni sull’effetto dei vari bonus sul PIL.

A parte il fatto che il grande successo dell’Italia è che a fine 2021 il PIL in valori assoluti era ancora più basso di quello del 2019, e non sono sicuro che in termini reali a fine 2022 abbiamo raggiunto lo stesso livello del 2019 (si chiama “rimbalzo del gatto morto“, dopo una perdita molto forte normalmente vi è un rimbalzo tecnico significativo), ma il punto è un’altro. Se lo stato regala a ciascun cittadino 2mila euro, il PIL crescerà di praticamente dello stesso importo (non proprio, sulla base delle diverse propensioni al risparmio, ma il concetto è chiaro..) e se per assurdo lo Stato avesse ordinato ed acquistato armi in Italia per 120 miliardi, il PIL sarebbe cresciuto ancora di più (effetto contabile più effetto moltiplicatore), lo stesso se invece di dare bonus a pioggia avesse costruito, scuole, ospedali, strade o centrali elettriche, qualunque spesa pubblica viene contabilizzata al valore nominale nelle statistiche del PIL, indipendentemente dalla sua utilità.

8) I tassi di interesse e il Superbonus

Il Superbonus 110 % (una cosa criminale, più spendo soldi pubblici più lo Stato me ne dà!) era basato su un tasso di interesse a M/T dell’1% circa. (grazie Bce!), ora con tassi a M/T del 3/4% (per i BTP), “scontare” un credito a dieci anni in ogni caso non costerà più il 10% circa (la ratio originale del 110%…) ma probabilmente il 40% almeno (si potrebbero spendere ore a spiegare perché è cosi…), anche questo si deve avere il coraggio di dirlo, non è il governo cattivo, e neppure il destino cinico e baro, sono i mercati.

9) Ultima considerazione sui vari bonus, costo lordo e netto.

Credo che i vari numeri siano tutti “scritti sull’acqua” o comunque molto discutibili se non si chiarisce bene come sono calcolati gli effetti (l’altra sera a Quarta Repubblica sentivo che a fronte di 100 euro di costo dei bonus lo Stato ne recupererebbe 70) e provo a spiegarmi. A fronte di una fattura di 100 euro ci sarà un Iva pari a 10, un Ires del 24% (ma calcolata sugli utili, non sul fatturato, diciamo che gli utili ante imposte sono il 20% del fatturato, percentuale media che in Italia non esiste da nessuna parte? Sono 4,8 euro a fronte di 100!), contributi sociali sui redditi dei lavoratori pari al 31% della RAL (che è una frazione del fatturato, diciamo il 30% ad essere generosi…), sono altri 9 euro.

Ricapitolando: – 100 euro di costo per lo Stato, 10 euro di Iva, 4,8 euro di Ires, 9 euro di contributi sociali. Totale 23,8 euro. Forse manca qualcosa rispetto ai mitici 70 euro finali. Ad essere precisi bisognerebbe considerare che le imprese pagano anche altre imposte, che i dipendenti in teoria pagano anch’essi l’Irpef (ma qui dipende dal livello di “nero”, dal reddito familiare, dalla composizione familiare e sopratutto dal fatto che fossero occupati oppure no prima del bonus ecc.), ma anche che l’Iva da versare è quella netta e quindi non è il 10% incassato (di norma più bassa), che l’effetto moltiplicatore (cresciuta dovuta agli acquisti che generano acquisti lungo la catena del valore) esiste anche se difficile da calcolare con precisione

Ultime considerazioni e facili profezie

a) entro la scadenza del periodo per le verifiche (5 anni, ma probabilmente di più a seconda delle interpretazioni circa il periodo di pandemia) l’Agenzia delle Entrate probabilmente “scoprirà” che molti crediti non erano legittimi, non solo perché i lavori non erano congrui o non sono stati fatti, ma perché gli immobili avevano delle irregolarità edilizie (verificare per credere) ed inizierà a chiedere indietro i soldi a tutta la catena proprietari/imprese/banche (questo è quello che preoccupa le banche, se l’Agenzia delle Entrate può chiedere i soldi a tutti e 3 i soggetti, secondo lei dove andrà a chiederli prima?), prepararsi ad una caterva di fallimenti (delle imprese, dopo aver pagato dividendi, per evitare di pagare), escussioni e pignoramenti immobiliari (i proprietari) e cause legali;

b) anche prima, in sede della famosa revisione degli estimi catastali (peraltro già avviata) credo che la Agenzia delle Entrate dirà semplicemente “lei mi ha presentato una fattura per lavori di ristrutturazione per “x mila Euro”, siamo d’accordo che il valore della sua proprietà è cresciuto per tale importo? Se siamo d’accordo (difficile dire che i lavori erano falsi o sovrafatturati…), allora il valore catastale della sua unità immobiliare è aumentato di “x”, buona giornata… (ed è difficile dissentire dall’approccio).

Andrea Varese

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