La posta dei lettori

Caro Porro, per portare le mie figlie in bagno mi è servita la “legge trans”

toilette lgtb © Geo's e Thomas Faull tramite Canva.com

Caro Porro, il mondo ci sta sfuggendo di mano.

Abito in Spagna da alcuni anni e, come saprai, lo scorso marzo è entrata in vigore una legge sui trans che permette a tutti, dai 16 anni, di cambiare nome e auto-determinare la propria identità di genere nel Registro civile. Non serve più alcuna certificazione medica o psicologica ad attestare la “distrofia di genere” e non sarà necessario alcun trattamento ormonale biennale o operazioni varie: basta “sentirsi” del genere opposto, fare una banale dichiarazione amministrativa all’anagrafe e il gioco è fatto. La norma vale anche per i bambini tra i 14 e i 16 anni, che dovranno però avere il consenso dei genitori; mentre tra i 12 e i 14 dovrà intervenire un giudice.

La “ley trans“, come è stata ribattezzata, porta la firma dell’allora ministro dell’Uguaglianza Irene Montero, nominato dal sempreverde Pedro Sanchez che oggi governa con quell’accozzaglia chiamata coalizione insieme agli indipendentisti. La norma sollevò diverse proteste, non solo a destra ma anche nel Psoe e tra i movimenti femministi. Ma alla fine è passata. Sei nato uomo e ti senti donna? Lo auto-certifichi e potrai cambiare sesso. Se poi dopo sei mesi vuoi tornare al genere originario, non hai che da chiederlo. Nel caso in cui cambiassi di nuovo idea per la terza volta – bontà loro – devi però rivolgerti a un giudice.

Ovviamente la legge ha effetto all’anagrafe, ma pure nell’immaginario delle persone. E porta a paradossi, come nel caso dell’utilizzo dei bagni. L’altro giorno sono andato a vedere uno spettacolo in un palazzetto nella città dove vivo e ho dovuto accompagnare in bagno le mie due bambine. La madre non poteva portarle e la toilette maschile era in condizioni pietose, dunque mi sono trovato costretto a portarle con discrezione in quello delle signore. Una volta entrato, tre donne incazzate mi hanno detto: “Non puoi entrare”. Ho provato a far leva sul fatto che stessi accompagnando le bimbe minorenni e che sarei uscito subito, ma non c’è stato nulla da fare. Sai cosa mi hanno risposto? “Può portarle la madre”. A quel punto, disperato e sul punto di vedere mia figlia farsela addosso, mi sono giocato la carta “ley trans” e ho risposto: “Io sono la madre”.

Pensavo mi mandassero a quel Paese e invece… invece si sono addolcite: “Allora scusaci, puoi restare”. Quindi le bimbe minorenni potevano farsela addosso se fossi stato un maschio alfa eterosessuale. “Sentendomi” donna, invece, tutto a posto. In sfregio a queste follie politicamente corrette, ho colto l’occasione per liberarmi pure io e mi sono curato di fare pipì in piedi. Il più rumorosamente possibile.

Saluti.

Lettera firmata