Politiche green

Caro Porro, se ne inventano un’altra: ora l’inflazione è colpa del clima

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Caro Porro,

è proprio vero che al peggio non c’è limite. Già da alcuni anni, visto l’andazzo delle “politiche green”, improvvisate, demagogiche, senza piani industriali, velleitarie, ecc…, mi ero seduto sulla riva del fiume, attendendo che ne passasse il cadavere. Mi era ormai chiaro, insieme a pochi altri, che i burosauri occidentali avrebbero devastato l’economia e causato una formidabile spinta inflazionistica. Ero ben consapevole che l’enorme, costoso, dannoso e inconcludente apparato burocratico per la gestione delle quote verdi e idiozie simili, i criteri ESG, l’esplosione dei costi energetici, provocati dalla necessità di finanziare generosamente eolico e solare, gli sforzi per uccidere il nucleare, la produzione agricola, la zootecnia, la pesca, e l’industria (particolarmente quella energivora), avrebbero, prima o poi, scatenato l’inflazione.

Non potevo ancora prevedere, in aggiunta, il Covid, la guerra in Ucraina e nel Medio Oriente, che hanno dato una bella accelerata. Quindi, pensavo ingenuamente, finalmente i nodi stanno venendo al pettine e finalmente qualcuno dei nostri eminenti burosauri europei si porrà la domanda se continuare a dilapidare i nostri soldi per alimentare apparati il cui unico fine è quello di mantenere lautamente sé stessi, o utilizzarli per mitigare gli effetti della terza guerra mondiale alle porte e ridurre gli effetti devastanti di due anni di lockdown che ancora ci portiamo dietro. E invece no!

Apprendo in questi giorni che il problema dell’inflazione non è dovuto in gran parte alla mostruosa perdita di competitività del nostro sistema produttivo, devastato, imbrigliato, mortificato dalle nostre politiche green scellerate, ma del cambiamento climatico! E chi lo afferma? Ovviamente un recente studio sulla rivista Nature (una volta prestigiosa rivista scientifica, vedi il caso Alimonti e all.): Communications Earth and Environment che afferma che il cambiamento climatico stia contribuendo all’inflazione dei prezzi. Gli autori dello studio (tre su quattro della Bce, quando si dice il caso…) affermano di aver scoperto che il cambiamento climatico stia danneggiando la produttività economica e la produzione alimentare, portando a prezzi più elevati.

Hanno esaminato più di 27.000 punti mensili dell’indice dei prezzi al consumo in tutto il mondo. Poco importa che i dati presentati nel Climate at a Glance e le dichiarazioni del Gruppo intergovernativo delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici – il presunto gold standard della ricerca sul clima – non forniscano alcuna prova che siccità, inondazioni, ondate di calore, uragani, innalzamento del livello del mare, tornado o incendi stiano peggiorando. In effetti, alcuni di questi fattori stanno migliorando.

Nel documento non è riportato nessun segnale di danni da cambiamento climatico o inflazione indotta dal cambiamento climatico; anzi, la produzione alimentare e le rese per la maggior parte delle colture nella maggior parte dei paesi e delle regioni del mondo, nel suo complesso, sono aumentate considerevolmente man mano che la Terra si è modestamente riscaldata, in parte a causa dell’effetto “nutriente” della CO2. Le colture di cereali di base, le colture secondarie, frutta, legumi e verdura hanno ripetutamente stabilito nuovi record di produzione. Se il cambiamento climatico (ovviamente non causato da un aumento della CO2 antropica) sta contribuendo a una maggiore produzione alimentare, e lo è, allora non può causare prezzi alimentari più alti. Ormai non ho più parole e ho perso ormai anche l’ultima speranza di ravvedimento. D’altro canto, cosa diceva Lenin? “Se la realtà non rispecchia la mia politica, peggio per la realtà!”.

Uno zuppista sull’orlo della disperazione

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