Cronaca

Cgil smascherata: “Mi hanno licenziato dopo 40 anni usando la legge di Renzi”

Il segretario prima contesta il Jobs Act, poi licenzia lo storico portavoce sfruttando la riforma: scoppia il caso Landini-Gibelli

landini licenziamenti cgil

Negli ultimi giorni abbiamo affrontato più volte le contraddizioni dell’universo progressista. Dopo i paradossi in politica estera e nella sfera giudiziaria, ora ci spostiamo in ambito sindacale. La CGIL ha licenziato il suo storico portavoce, Massimo Gibelli, sfruttando il tanto osteggiato Jobs Act, riforma varata durante il governo Renzi tesa a flessibilizzare il mercato del lavoro. E pensare che la battaglia contro il provvedimento è stata la ragione d’essere della CGIL: Maurizio Landini ha contestato aspramente il Jobs Act per il suo carattere “discriminatorio” e “neoliberista”. I bolscevichi nostrani non riescono ad esprimersi senza infarcire le frasi di cenni al pericoloso neoliberismo…

“Il 4 luglio, al rientro da un breve periodo di ferie, sono convocato dal segretario organizzativo. Durante il colloquio mi viene comunicato il ‘licenziamento per giustificato motivo oggettivo‘ e consegnata la lettera raccomandata a mano in cui si specifica che ‘la data odierna, 4 luglio 2023, è da considerare l’ultimo suo giorno di lavoro’. Seguono ringraziamenti e saluti di rito”. Così scrive in un lungo post Facebook Gibelli, indubbiamente provato per l’episodio increscioso. “Non sono scappato con la cassa, non sono inquisito o sotto indagine della magistratura. Non ho litigato, insultato o commesso ingiustizie nei confronti di colleghi”.

Nel febbraio 2021 il sindacato aveva soppresso la figura del “portavoce del Segretario generale” in seguito ad una riorganizzazione delle attività del centro confederale, dal momento che la maggior parte dei segretari è solita interloquire personalmente con la stampa. “In un comunicato venni pubblicamente ringraziato per il lavoro svolto fino ad allora. Mi resi immediatamente disponibile ad essere utilizzato in altro incarico, in qualunque posizione e struttura l’organizzazione ritenesse proficuo utilizzare le mie competenze” prosegueGibelli, che a marzo racconta di aver scritto una mail al segretariato organizzativo per ricordare che era stato destituito da due anni. Pochi mesi ed è arrivato l’ultimo giorno di lavoro. “Ovviamente il licenziamento è stato impugnato e sono ora in corso le conseguenti procedure”, precisa.

“Vale la pena ricordare – prosegue ancora Gibelli – che la CGIL è un’organizzazione di 5 milioni di iscritti, composta da 12 categorie nazionali, 21 strutture regionali, 102 Camere del lavoro, patronati, Caaf, società di comunicazione, sedi all’estero in tre continenti, incarichi in enti pubblici e in commissioni di varia natura retribuiti e non. Di sicuro dimentico altro!”. Bene fa l’ex portavoce a soffermarsi sul bifrontismo del sindacato: “Il diritto del lavoro è materia complessa e mutevole, risultato del sovrapporsi di innumerevoli leggi e riforme. Il licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo è previsto dall’articolo 3 della legge n. 604 del 1966, più volte modificato nel corso degli anni, in ultimo dalla riforma Fornero del 2012 e nel 2015 dal Jobs Act di Renzi. Leggi che furono fortemente contestate dal sindacato”.

Gibelli continua menzionando i principi della carta costituzionale: “Facendo riferimento all’art. 41 della Costituzione, che garantisce e tutela la libertà dell’iniziativa economica privata, il datore di lavoro può ricorrere a questa forma di licenziamento nel caso in cui la sopravvivenza della propria attività sia a rischio, oppure quando la specifica posizione occupata dal lavoratore non abbia più ragione di esistere nell’organico aziendale. Si parla in questi casi di licenziamento economico”.

Nella conclusione del suo intervento, Massimo Gibelli ci tiene a evidenziare i maggiori traguardi professionali raggiunti negli otto lustri di collaborazione con la CGIL. Fu assunto come addetto stampa socialista nella CGIL piemontese guidata da Fausto Bertinotti nel 1983; poi capo ufficio stampa nella CGIL di Antonio Pizzinato e di Ottaviano del Turco; portavoce di Sergio Cofferati; infine, alla guida della comunicazione con la segreteria di Susanna Camusso. “Quarant’anni passati in un sindacato da cui ho avuto molto e a cui spero di aver lasciato qualcosa”, sentenzia in modo accorato.

Il licenziamento di Gibelli la dice lunga sull’incongruenza che domina il mondo sindacale. Numerose battaglie mediatiche finiscono per diventare dei feticci da esibire in diretta televisiva. Ma quando le telecamere si spengono, la CGIL cambia radicalmente volto. Il primo sindacato procede in direzione antitetica alla difesa delle categorie lavoratrici. Rivolgiamo a Massimo Gibelli tutta la nostra solidarietà umana.

Lorenzo Cianti, 11 settembre 2023

Iscrivi al canale whatsapp di nicolaporro.it

LA RIPARTENZA SI AVVICINA!

SEDUTE SATIRICHE

www.nicolaporro.it vorrebbe inviarti notifiche push per tenerti aggiornato sugli ultimi articoli