Cronaca

Burioni l'onnipotente

“Che medico è?”. Michela Murgia attacca Burioni

La scrittrice risponde alla virostar dopo le sue uscite sulla malattia

Roberto Burioni e Michela Murgia

Pure Michela Murgia s’è accorta che Roberto Burioni, l’oracolo intoccabile del Covid, c’ha preso così gusto nel vergare opinioni, suggerimenti e commenti su qualsiasi cosa che ogni tanto esagera. Rimediando figure barbine. Come nel caso del tumore al quarto stadio della scrittrice queer, reso pubblico con una toccante intervista rilasciata a Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera, notizia di primo piano che l’intramontabile virologo, voce autorevole di Che tempo che fa(ceva), non s’è lasciato sfuggire.

Dopo aver rivelato la sua malattia, Murgia è tornata più volte a parlare del percorso che sta affrontando. Ha detto di non voler considerare la sua lotta al cancro come una “guerra”, ha definito “esagerate” le voci sulla sua morte imminente, ha presentato la sua “famiglia queer” sui social. E poi ha criticato, ieri ospite della trasmissione Quante Storie di Giorgio Zanchini, chi ha sprecato parole fuori luogo sulla sua patologia. Come il professor Burioni. “Mi ha molto deluso – ha detto Michela – Ma come fa un medico serio a dare giudizi e a parlare di me senza aver visto la cartella clinica?”. Domanda lecita, e pure azzeccata stavolta. Murgia ricorda che “le parole sono importanti” e che “ci si ammala anche di parole”. E visto che “la comunicazione ha un valore cruciale”, non si possono esprimere giudizi senza conoscere a fondo la materia. Vale per ogni aspetto della vita, in particolar modo in campo medico. Non che Burioni non sia uno stimato dottore, per carità, è pure ospite fisso di Fazio, ma non ha ancora letto la cartella clinica della paziente Michela Murgia. Dunque sarebbe stato meglio andarci coi piedi di piombo. O almeno così la pensa la Murgia.

Nei giorni scorsi infatti Burioni aveva commentato ampiamente la rivelazione della scrittrice sulla più famosa rivista di virologia e clinica medica del mondo: Twitter. “Michela parla con serenità e coraggio della sua malattia, che è a uno stadio molto avanzato. Oltre a farle i miei migliori auguri, devo dirle due cose: la prima è che – come lei giustamente dice – le cure le stanno facendo guadagnare dei mesi di vita. Però queste cure sono estremamente efficaci e quei mesi potrebbero anche essere anni, che io spero molti e felici. La seconda è doverla correggere quando dice “dal quarto stadio non si torna indietro. Qualche giorno fa è uscito un lavoro che descrive uno studio eseguito su 84 pazienti con un cancro del colon inoperabile, metastatico e ormai resistente alle terapie. Ebbene, una nuova terapia ha portato a una risposta completa (avete letto bene: il cancro è sparito) in 3 di questi pazienti e una risposta parziale, con un netto miglioramento, in 29 pazienti. In 28 la malattia si è fermata”.

Ora, dell’Onnipotenza di Burioni che s’impiccia pure del tumore della scrittrice abbiamo già detto e scritto molto. Dal punto di vista medico la questione si fa semplice: magari la nuova terapia farà anche miracoli, ma l’effettivo stato clinico della paziente in questione (e quindi l’aspettativa di vita) lo può conoscere solo ed esclusivamente il suo medico curante. Dunque infondere speranze, vere o false che siano, magari anche con tutte le buone intenzioni del caso, appare comunque fuori luogo. Soprattutto se lo si fa sulla pubblica piazza. Sembra quasi che il professore, afflitto dal desiderio di essere sempre protagonista, non sia riuscito a trattenersi dal dire la sua neppure di fronte a una donna che sta affrontando la morte. Noi l’abbiamo già criticato, ma ovviamente contiamo nulla per la virostar dei salotti buoni. Quando però a prenderti a ceffoni (figurati) e un’altra vestale del perbenismo, allora i fatti si fanno gustosi. Sotto questa luce lo scivolone assume un colore molto più vivido. Evidente. Lampante. L’ego straripante, a volte, fa brutti scherzi.