Ci rovinano l’estate per mantenere la poltrona

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Matteo Salvini è un uomo felice: dalle sue vacanze in Val Trompia o in Val Camonica saluta e twitta: buone vacanze amici, abbiamo limitato i danni. Se la sua strategia è “poteva andar peggio”, allora non funziona: nel peggio ci siamo già e con la sensazione che non potrà che peggiorare ulteriormente. Più il capo della Lega annuncia barricate, più le barricate franano. Il green pass sta ovunque, è un’arma repressiva, di ricatto per vaccinarsi, con l’unica funzione di stroncare le resistenze e di abituare la cittadinanza ad ulteriori sacrifici; se non funziona, come era ampiamente prevedibile, è per autodistruzione fisiologica, per incapacità di chi lo ha imposto senza valutarne funzionamento e conseguenze esattamente come avvenuto per la mitica app Immuni e per qualsiasi cosa che passi dallo Stato burocratico.

In difesa della poltrona

Il ministro di polizia Lamorgese, una che non ha idee ma rassegnazioni, dice che non spetta ai ristoratori il controllo ma nessuno ha saputo dire a chi spetterebbe questo controllo questurino, hanno lanciato il lasciapassare come l’ennesimo giocattolo e ci pensasse Iddio. Un lasciapassare per contrastare la pandemia! Siamo lontani dalla distopia, dagli incubi orwelliani, siamo più ad Achille Campanile, ai fratelli Marx. E più il capo del governo Draghi si sfinisce a ripetere che il lasciapassare è uno strumento di salute pubblica, più i fatti lo smentiscono, lo irridono. Ma lui niente, tetragono, con ostinazione bancaria.

Draghi, si direbbe, vuole il Colle; Speranza vuole restare dov’è, temendo l’anonimato di ritorno, i virologi utilité vogliono continuare a fare affari, a trovarsi sponsor come il velocista Jacobs, il Pd vuol continuare a comandare senza legittimazione popolare. Tutti hanno un buon motivo per difendere il regime di cui fanno parte.

Seconda estate rovinata

In quest’ottica, la sicurezza generale diventa una fandonia delle più miserabili. Posto che il contagio zero è un assurdo pericoloso, la sicurezza generale si ottiene arginando, non proibendo a livelli cinesi; si ottiene responsabilizzando, non abituando alla soggezione dei sudditi; si ottiene lasciando libertà di azione, di intrapresa, di lavoro, non con l’obbedienza pavloviana dei sussidi in cambio dell’obbedienza; si ottiene incitando ad un ragionato ottimismo, non spingendo sul terrorismo paranoide. Ma che Stato sarebbe se fosse razionale? Pochi o nessuno ricordano la storia del Grande Timoniere, Mao e degli uccelli e dei topi, una storia esopiana ma tragica. Mao si mise in testa che gli uccelli rovinavano i raccolti e lanciò una campagna per sterminarli, nel contempo facendo fuori alcune centinaia di migliaia di refrattari. Gli uccelli sparirono e nei campi uscirono le gramigne e i parassiti che rovinarono sul serio i raccolti. Allora l’infallibile Mao decise che i topi avrebbero risolto la devastazione delle campagne, col risultato che le campagne cinesi finirono invase da sorci portatori di epidemie spaventose, mentre fioriva un mercato nero di ratti gestito dai poveri coloni che dovevano corrompere le guardie.

Ecco, la storiella del Covid, peraltro di importazione cinese, ricorda molto quella di Mao: fermare la pandemia con lo Stato concentrazionario, risolvere i guasti dello stato concentrazionario col lasciapassare. Il risultato è la seconda estate consecutiva rovinata, il comparto turistico che da in ginocchio finisce sdraiato, il 50% delle prenotazioni saltate, con effetti a catena dai villaggi turistici alle spiagge ai ristoranti ai bar alle bancarelle di chincaglierie vacanziere, per non parlare delle palestre, le discoteche, le arene, le sale da concerto. Siccome il nostro Stato democratico si fa più ideologico di giorno in giorno, sub specie cinese, la soluzione non può che restare ideologica: se la realtà non torna, se non corrisponde ai disegni dell’ideologia, l’unica cosa da fare è potenziare ulteriormente l’ideologia: alla fine o la realtà si piega, o si spezza, si frantuma e allora la colpa sarà dei cittadini che non hanno capito, non hanno collaborato.

“Niente paura, ci salva l’Europa”

Ma niente paura, ci salva l’Europa, arrivano i soldi del piano di ripresa e resilienza, qualsiasi cosa voglia dire. Davvero? Per ora, una ventina di miliardi su duecento, già destinati, già spesi. Questo piano di Resilienza ha l’aria di essere inteso come una cornucopia infinita anziché un prestito da ripagare e a caro prezzo: tutti ne pretendono un pezzo, per le rispettive ambizioni o fantasie, dal ponte sullo Stretto ai tampax per i maschi che si sentono femmine. Dal sud piagato dai roghi arrivano le invocazioni, soldi, dateci soldi. Un altro leghista, il Fedriga capo dei governatori regionali, vuole soldi contro i cyberattacchi: ma non erano già previsti 45 miliardi per l’ammodernamento tecnologico? Ma di pani e pesci fu capace di moltiplicarne solo Uno, e forse si accorse che non ne valeva la pena.

Ho avuto occasione, recentemente, di osservare da vicino alcuni politici di spicco. Li ho trovati esattamente come me li aspettavo: ilari, compiaciuti, grottescamente soddisfatti di loro. Quello che non mi aspettavo era la peggio che siderale distanza dal mondo dei vivi, dei poveri cristi per i quali un green pass può essere una condanna a morte. E osservandoli ho capito una cosa, qualunquistica ma vera: a questi non gliene frega niente perché proprio non si rendono conto, non ci sono, loro apparecchiano la realtà con la tovaglia dell’ideologia (da Sinistra Italiana a Forza Italia, l’approccio non cambia) e subito pensano a come scaricare il barile di inevitabili disastri. Ha detto più o meno il ministro o ministra Gelmini al Tg2 Post: noi capiamo che il green pass può essere un guaio per molti commercianti, sappiamo che può anche causare la chiusura definitiva, però andiamo avanti. La conduttrice Manuela Moreno l’ha ringraziata.

Max Del Papa, 10 agosto 2021

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