Ciampolillo: negazionista della xylella, ora punta all’Agricoltura

11.5k 29
generica_porro_1200_3

La satira politica è finita ormai. Ma non è stata in Italia il “politicamente corretto” ad ucciderla, o almeno non solo. L’ha uccisa la realtà, che, arrivati a un certo punto, ha deciso di farsi satirica. La fantasia è quindi arrivata al potere, proprio come volevano i sessantottini. E anche Nietzsche è contento, visto che il suo Zarathustra ci aveva già avvertito che alla fine il mondo vero si sarebbe appalesato come una favola.

Lo show di Ciampolillo

Più che a causa del lockdown, gli attori satirici hanno perso lavoro per l’emergere, nei luoghi più solenni e nei momenti chiave, di personaggi così inimmaginabili che la commedia dell’arte, con tutti i suoi stratagemmi, mai potrebbe riuscire ad eguagliarli. Il dato più preoccupante è che uno si sarebbe aspettato che persone di tal fatta fossero rispettate sì, come devono esserlo tutti, ma tenute ben lontane da quei posti e da quei momenti.

E invece no: al contrario li si coccola e ci dichiara persino pronti ad accogliere le loro bizzarre richieste. È il caso di Lello Ciampolillo da Bari che non solo è riuscito ad agguantare uno scranno parlamentare grazie ai pochi ma sufficienti voti di parenti e amici sulla piattaforma Rousseau, ma ieri, in un voto al cardiopalma su una fiducia che si giocava sul filo di un rasoio, è stato protagonista di un teatrino che mente umana non avrebbe mai immaginato: non si è presentato né alla prima e né alla seconda chiamata per il voto ma ha fatto irruzione in Aula nel momento preciso in cui la presidente dell’assemblea, Maria Elisabetta Casellati, stava pronunciando le fatidiche parole sulla chiusura delle urne.

La Var arriva al Senato

Prima o dopo? Ineccepibile, la Casellati ha richiesto l’uso della moviola. E già questo, la Var che entra a Palazzo Madama per stabilire se Ciampolillo era o non era in fuorigioco, è qualcosa che fa scompisciare dalle risate. La questione non è stata facile da redimere, essendo l’istruttoria durata ben venti minuti. Alla fine però si è convenuti che Ciampolillo, da attore consumato, aveva studiato il tempo al millesimo per stare dentro e non fuori.

Ovviamente ai travagli interiori e alle pressioni della mamma, alla mascherina smarrita, e a tutte le altre giustificazioni addotte per il ritardo, nessuno ha creduto da subito. E infatti poco dopo, con onestà intellettuale, va detto, ha fatto presente ai giornalisti che, in cambio del voto favorevole, come riconoscenza dell’atto “costruttivo” e “volenteroso”, egli si aspetta il Ministero dell’Agricoltura, la cui sedia è restata vacante dopo l’uscita di Teresa Bellanova, e che, con consumata arte da “mercante in fiera”, il presidente del Consiglio aveva fatto capire nei suoi discorsi essere disponibile.

Negazionista della Xylella

Potrebbe finire qui, se non si scorresse poi il curriculum del Ciampolillo. Che di tematiche legate all’agricoltura, in effetti, si è sempre occupato, e non solo nel senso che qualcuno, con rispetto parlando, potrebbe dire che è uno dei tanti sottratti dai grillini al rispettabile lavoro della terra. Il nostro si era infatti distinto, negli anni scorsi, perché aveva negato, durante l’epidemia pugliese di Xylella, che fosse necessario abbattere alcune piante per salvarne le altre, così come indicavano il buon senso e gli scienziati. Per lui bastava semplicemente usare… il sapone!

Vegano, fautore della cannabis, Ciampolillo era stato espulso qualche tempo fa dai grillini perché non pagava le quote a Rousseau. E negli ultimi mesi si era distinto in una battaglia “negazionista” sia sul Covid sia sull’uso delle mascherine. Ora, a parte il fatto che i seguaci di Grillo potrebbero ritrovarselo al Ministero, l’elemento più surreale della faccenda consiste nel fatto che questo si presenta come il governo che segue la Scienza e che non è “negazionista” come sarebbe stato, dicono loro, quello eventuale della destra al potere.

Che dire? Forse quando il premier propina lezioni sull’articolo della Costituzione che dice di ricoprire con dignità e onore le cariche pubbliche, bisognerebbe richiamare in vita il grande Totò. Scegliete voi, se è meglio la pernacchia o il “mi faccia il piacere!”

Corrado Ocone, 20 gennaio 2021

Ti è piaciuto questo articolo? Leggi anche

Seguici sui nostri canali
Exit mobile version