Esteri

Con Trump verso la pace. Se non il Nobel, dategli almeno l’Ambrogino d’oro

In Ucraina il primo passo verso il cessate il fuoco. La Russia pronta ad una telefonata tra il tycoon e Putin. Ma nessuno lo celebra

trump premio (2) © palinchakjr e Изображения пользователя Ales Munt tramite Canva.com

Siamo andati a rileggere le motivazioni con cui venne assegnato il premio Nobel a Barack Obama. Testuale: l’ex presidente americano, idolo di tutti i progressismi, venne insignito del riconoscimento “per i suoi straordinari sforzi volti a rafforzare la diplomazia internazionale e la cooperazione tra i popoli”. Era il 9 ottobre del 2009 e il marito di Michelle era entrato alla Casa Bianca solo qualche mese prima, e non è che avesse fermato chissà quale guerra. Per la precisione il Comitato norvegese, che pure s’infiammò per le promesse di Obama “per un mondo senza armi nucleari” (venti anni dopo, siamo allo stesso punto di allora) e sulle “grandi sfide climatiche” (che gli elettori ora mandano al diavolo), disse anche che il presidente Usa aveva “creato un nuovo clima nella politica internazionale” in cui “la diplomazia multilaterale” aveva “riacquistato una posizione centrale”. “Il dialogo e i negoziati – si leggeva nel comunicato – sono preferiti come strumenti per risolvere anche i conflitti internazionali più difficili”.

Ora, non vogliamo dire che le motivazioni utilizzate dal Nobel per premiare Barack si possano applicare pari pari anche a Donald Trump. Però è notizia di ieri che gli Stati Uniti, con Marco Rubio, sono riusciti a mettere nero su bianco una prima ipotesi di tregua in Ucraina dopo che, sempre a ridosso della presa del potere del tycoon, anche Israele e Hamas hanno smesso di far risuonare le armi. Poi certo: è presto per festeggiare. L’accordo negoziato in Arabia Saudita deve ancora essere accettato da Putin e il Cremlino invita a non correre troppo. “Ieri, parlando con la stampa, sia Rubio che Waltz hanno detto che ci avrebbero trasmesso informazioni dettagliate sull’essenza delle conversazioni avvenute a Gedda attraverso vari canali diplomatici – ha spiegato Dmitry Peskov – Per prima cosa, dobbiamo ottenere queste informazioni. In questi giorni sono previsti contatti con gli americani, durante i quali ci aspettiamo di avere tutte le informazioni”. Ma già che da Mosca non sia arrivato un no a scatola chiusa è un risultato quasi inatteso fino a due mesi fa. Anzi: già si parla di una telefonata tra i due presidenti per discutere i dettagli. E di sicuro ora Trump ha messo in difficoltà lo Zar, che si trova costretto ad accettare oppure uscire dalla farsa secondo cui è sempre stata Kiev a non voler fermare le ostilità.

Sia chiaro: non è detto che si arrivi ad una soluzione. E tutto potrebbe precipitare o finire in malora. Magari si combatterà in Ucraina ancora per mesi, anni, decenni perché, nonostante gli sforzi americani, la pace si fa sempre in due e bisogna ancora avere il via libera di Mosca. Però insomma: rileggendo le motivazioni con cui il Nobel venne assegnato “sulla fiducia” a Obama, fiducia poi decisamente tradita, forse ci sarebbero le condizioni per assegnarlo anche al tycoon. Anche solo per i passi in avanti che è riuscito a fare dopo tre anni di massicci combattimenti sotto l’egida di Joe Biden (che, guarda tu il caso, di sua santità Obama era vicepresidente).

Se poi il Nobel vi pare troppo, potremmo pensare – come ha suggerito stamattina un commensale – almeno all’Ambrogino d’Oro. Giusto per dargli quel poco di riconoscimento che neppure i giornali italiani, oggi, hanno trovato il coraggio di concedergli. Tanto l’Ambrogino l’ha ricevuto pure Chiara Ferragni pre-Pandoro Gate. Magari ne avanza uno…

Giuseppe De Lorenzo, 12 marzo 2025

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