Esteri

Kiev a bordo, ora primo test per Mosca: anche Trump ha molto da perdere

Zelensky accetta un cessate il fuoco e negoziati immediati per una pace duratura con sicurezza “a lungo termine” per l’Ucraina. Rubio: ora palla ai russi. Il rischio di una “pace purchessia”

Trump Zelensky

Alla fine, Kiev non poteva far altro che sedersi al tavolo, partecipare al processo negoziale annunciato e intrapreso dall’amministrazione Trump. Non perché vi sia la certezza di poter ottenere per via diplomatica quel risultato che gli ucraini, con il tardivo e reticente sostegno occidentale, non sono riusciti a trovare sul campo, ovvero respingere i russi fuori dai confini del febbraio 2022.

Ma perché se il nuovo presidente della superpotenza che ti sostiene e da cui dipendi, sia nella guerra che nella pace, vuole tentare la strada del negoziato, non puoi rifiutarti in linea di principio, anche se dall’altra parte c’è un interlocutore spietato e inaffidabile, sostenendo che in passato la via diplomatica non ha funzionato.

Certo, ci sono volute le maniere brutali di Trump, qualcosa di evitabile che non ha fatto bene a nessuno, se non a Putin. È stato molto stupido da parte di Zelensky mettersi nella scomoda posizione di colui che si mette di traverso agli sforzi di pace di Washington, come palesato nello Studio Ovale, anche perché un braccio di ferro con Trump non avrebbe potuto vincerlo e ad oggi il sostegno europeo non può sostituire quello Usa.

L’accordo Usa-Ucraina

Ma speriamo quella fase sia ormai superata con l’accordo raggiunto ieri a Gedda, in Arabia Saudita, dove le delegazioni americana e ucraina si sono incontrate. Kiev ha accettato la proposta degli Stati Uniti di un cessate il fuoco “immediato e provvisorio di 30 giorni”, che potrà essere “prolungato di comune accordo tra le parti, e che è soggetto all’accettazione e alla simultanea attuazione da parte della Federazione Russa”. Insomma, se Mosca accetterà, il cessate il fuoco entrerà subito in vigore.

Washington “revocherà immediatamente la pausa alla condivisione dell’intelligence e riprenderà l’assistenza alla sicurezza dell’Ucraina”. Le delegazioni, si legge nella nota congiunta, “hanno anche discusso l’importanza degli sforzi di soccorso umanitario come parte del processo di pace, in particolare durante il cessate il fuoco sopra menzionato, incluso lo scambio di prigionieri di guerra, il rilascio di detenuti civili e il ritorno dei bambini ucraini trasferiti forzatamente”.

Usa e Ucraina concordano anche di nominare i rispettivi team negoziali e di “iniziare immediatamente i negoziati per una pace duratura che preveda (cosa importante, ndr) la sicurezza a lungo termine” dell’Ucraina.

Infine, i presidenti Donald Trump e Volodymyr Zelensky “concordano di siglare prima possibile un accordo completo per lo sviluppo delle risorse minerarie vitali dell’Ucraina per espandere l’economia del Paese e garantire la prosperità e la sicurezza a lungo termine (di nuovo, ndr) dell’Ucraina”.

Garanzie di sicurezza

Come ha riferito il consigliere per la sicurezza nazionale Mike Waltz le discussioni odierne hanno riguardato anche il tipo di “garanzie” che l’Ucraina avrà per la sua sicurezza a lungo termine. “Entrambe le parti dovranno scendere a compromessi“, aveva chiarito qualche giorno fa lo stesso Waltz. Compromessi che riguarderanno “più o meno garanzie di sicurezza per qualche tipo di concessioni territoriali”. Nessuna verità sconvolgente, un esito che avevamo ipotizzato già tre anni fa.

Proprio l’accordo sulle risorse, aveva spiegato giorni fa il segretario di Stato Marco Rubio, “lega economicamente l’America all’Ucraina e, come penso che il presidente abbia suggerito, è a suo modo una garanzia di sicurezza perché noi siamo coinvolti”.

Palla a Mosca

“Ora la palla è nel loro campo”, il campo dei russi, ha osservato ieri Rubio presentando l’accordo con Kiev ai giornalisti. “Ora sta alla Russia dire sì o no”, ha aggiunto. “Spero dicano di sì. Se lo faranno, allora penso che avremo fatto grandi progressi. Se diranno di no, allora purtroppo sapremo qual è l’ostacolo alla pace qui”.

Il fatto nuovo è che per la prima volta la palla passa nel campo di Mosca e sarà il primo test della sua reale volontà di fermarsi e impegnarsi in negoziati, finora sempre presunta ma mai verificata.

Pochi giorni fa Mosca aveva fatto sapere che non avrebbe accettato di fermarsi lungo la linea di contatto attuale. In effetti, la convenienza è dubbia non avendo ancora completamente liberato la regione russa del Kursk, né controllando ad oggi l’intero Donbass (occupato all’80 per cento) e le altre due regioni ucraine formalmente già annesse. Staremo a vedere, dipenderà probabilmente da valutazioni sul campo.

Pur non avendo ovviamente certezze, riteniamo al momento improbabile che Putin voglia tirarsi indietro platealmente dal processo negoziale, passando lui per ostacolo alla pace, ma altamente probabile un rilancio, che voglia tirarla per le lunghe, che avanzerà le massime richieste, con le quali giocherà ad esasperare le divisioni occidentali, le incomprensioni tra Washington, desiderosa di chiudere il conflitto, e le capitali europee, che si scoprono più bellicose (a parole) oggi che alla Casa Bianca c’è Trump.

Il fattore tempo

Da una parte, il tempo sembra giocare a favore del Cremlino. Tirarla per le lunghe potrebbe dare modo a Putin di consolidare le sue posizioni e preparare nuove offensive, oltre che, come accennato, provare a lucrare sulle divisioni interne all’Occidente e sulla ruggine tra Zelensky e Trump. Per esempio, per accettare il cessate il fuoco Putin potrebbe porre la condizione che si tengano elezioni presidenziali in Ucraina. Una richiesta più che insidiosa.

Dall’altra, però, ci pare che una cristallizzazione del conflitto possa presentare dei vantaggi per l’Ucraina e l’Europa. Anche Kiev, a corto di uomini, ha un disperato bisogno di rifiatare, forse in questo momento più di Mosca, che sta avanzando, sebbene lentamente, e ancora non ha recuperato interamente il Kursk.

Un armistizio, alla “coreana”, non ratificherebbe la conquiste territoriali russe, lascerebbe intatta almeno sulla carta l’integrità territoriale ucraina e servirebbe anche a comprare il tempo necessario all’Europa per riarmarsi, sempre che le altisonanti dichiarazioni di questi giorni non restino chiacchiere.

Un rifiuto russo del cessate il fuoco sarebbe un segnale di debolezza, la prova che Mosca non si sente in una posizione di forza, Putin non potrebbe dichiarare “vittoria”, e quindi che il negoziato oggi convenga più a Kiev.

Come abbiamo più volte sottolineato, bisogna ricordare quali sono gli obiettivi di guerra russi, il tentativo di prendere Kiev e deporre Zelensky nei primi giorni di invasione. Obiettivo di Putin non è la semplice rinuncia di Kiev all’ingresso nella Nato, come sembra illudersi Trump, ma il pieno controllo politico dell’Ucraina e la sua separazione dall’Occidente. Grazie alla resistenza degli ucraini e agli aiuti occidentali il piano di Putin di prendersi tutto il Paese e mettere un suo uomo al potere a Kiev è fallito. Tendiamo a darlo per scontato, ma non lo è.

È anzi un successo che può e deve essere consolidato. Che l’Ucraina resti un Paese indipendente e libero, sempre più integrato all’Occidente, con sufficienti garanzie di sicurezza.

Rischio per Trump

Non solo gli ucraini, anche lo stesso Donald Trump ha molto da perdere in questo processo negoziale. Esiste la concreta possibilità di venire preso in giro da Putin, anche se il presidente Usa non può fare altro che negarlo, per non parlare del rischio di accettare una “pace” fragile che esponga l’Ucraina ad una nuova aggressione.

Sarebbe un esito fallimentare per Trump, al pari o peggiore del catastrofico ritiro dall’Afghanistan che ha segnato la presidenza Biden, perché in gioco qui c’è l’intera architettura di sicurezza dell’Europa che Putin si propone di far saltare. Ci auguriamo che a Washington siano consapevoli dell’alta posta in gioco, il prestigio e la leadership Usa.

A prescindere dalle sue mire sull’Ucraina, temiamo che il leader russo non voglia concedere molto facilmente a Trump un tale successo diplomatico. Il presidente Usa dovrà dimostrarsi disposto e capace di esercitare la massima pressione anche su Mosca, non solo su Kiev come ha già fatto. La fretta per un cessate il fuoco è un conto, la fretta per una pace purchessia è un rischio enorme.