Conte zittisce l’opposizione perché dall’Ue ha avuto quattro europacchi

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Sta diventando pericoloso, nel Libero Stato di Giuseppi, criticare il governo. Abbiamo discusso per mesi del pericolo fascista, e ci ritroviamo un presidente del Consiglio che usa la conferenza stampa a reti unificate per attaccare l’opposizione, rea di aver denunciato l’eurotrappola in cui è caduto il suo esecutivo. Manco fosse Ugo Chavez. Eppure, la sintesi della “vittoria” italiana all’Eurogruppo, celebrata dal ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, è semplice. Nella migliore delle ipotesi, pagheremo per uno strumento che non vogliamo usare (il Mes), ci indebiteremo per altri due che sono farlocchi (Sure e Bei) e raccoglieremo solo fumo per ciò che ci interessava davvero (il Recovery fund finanziato con gli eurobond). Come ampiamente prevedibile, i nostri partner nell’Ue ci hanno rifilato quattro “pacchi”. Vediamoli.

1. Il Mes.

Ormai anche le pietre sanno che il Fondo salva Stati senza condizionalità è, al più, un artificio retorico. L’Eurogruppo ha dato il via libera a prestiti incondizionati fino al 2% del Pil, purché servano a coprire le spese sanitarie dirette e indirette. Il diavolo sta nei dettagli. Primo, restano in vigore il Trattato sul Mes e il Trattato sul funzionamento dell’Ue, che parlano esplicitamente di “rigorose condizionalità”, oltre al “Two pack”, che priva i Paesi debitori del diritto di decidere la loro politica economica. Qualsiasi Stato, un domani, potrebbe ricorrere alla Corte di giustizia contro chi ha chiesto le sovvenzioni, magari questionando l’utilizzo del denaro ricevuto: resta in capo ai creditori stabilire se i soldi sono stati impiegati propriamente.

D’altro canto, l’erogazione degli aiuti, come si legge nel comunicato dell’Eurogruppo, è subordinata a “verifiche ex ante da parte delle istituzioni europee”. Non solo: dopo il prestito, “gli Stati membri dell’eurozona manterrebbero l’impegno a rafforzare i loro fondamentali economici e finanziari”. Leggasi: a fare le famose “riforme”, che tanto ci hanno beneficato in questi anni…  Peraltro, Giuseppe Conte, Gualtieri e tutto il cucuzzaro dei 5 stelle ci assicurano che comunque l’Italia non ricorrerà al Mes. Ora, il Fondo dovrebbe poter erogare fino a 250 miliardi di euro per l’emergenza; in cassa ne ha 80; noi, quando fu istituito, ci impegnammo a versare fino a 125 miliardi. Le possibilità, quindi, sono due: o ci svenderemo per 30 denari, o pagheremo per uno strumento che non vogliamo utilizzare. In entrambi i casi, un vero successo.

2. Lo Sure.

Stefano Fassina, su Huffington Post, l’ha spiegato molto bene: la Cassa integrazione europea è un bluff, perché “è ad adesione volontaria e viene avviata soltanto dopo che tutti gli Stati dell’Unione europea hanno aderito”. La dotazione da 100 miliardi sbandierata dall’Eurogruppo, in realtà, fa affidamento sul bilancio Ue e sulle garanzie offerte dagli Stati membri, che dovrebbero attestarsi intorno ai 25 miliardi. Però, come osserva sempre Fassina, il massimo utilizzo complessivo annuo per lo Stato richiedente non può superare il 10% delle risorse del Fondo. Pertanto, l’Italia potrebbe ottenere “qualche centinaio di milioni in prestito”, dovendo nondimeno impegnare la sua quota di circa 3 miliardi di garanzie. E naturalmente, il prestito andrà restituito con gli interessi…

3. La Bei.

Anche qui, è tutta una questione di numeri. La Banca europea per gli investimenti (dov’era finora?) dovrebbe istituire, insieme al Fondo europeo per gli investimenti, un “Fondo di garanzia paneuropeo da 25 miliardi di euro, che sarebbe in grado di supportare 200 miliardi di finanziamenti alle imprese”, in particolare piccole e medie. Ovviamente, anche in questo caso si potrebbe accedere solo a una parte delle risorse mobilitate. Eppure, con il decreto liquidità, il governicchio Conte assicura di aver dispiegato tutta la sua “potenza di fuoco”, con un “poderoso” intervento che metterà a disposizione delle aziende italiane fino a 400 miliardi di garanzie. Il doppio dell’equipaggiamento del Gruppo Bei. Anche qui, le ipotesi sono due: o il decreto liquidità è una farsa, oppure abbiamo sollevato un polverone per accaparrarci le briciole, quando da soli sappiamo fare di meglio.

4. Il Recovery fund.

Se il Mes è l’aspetto più scandaloso dell’europacco, il Fondo per la ripresa è quello più desolante. Già, perché, come ha ribadito Gualtieri, è il punto cui l’Italia tiene di più. Il Fondo – citiamo Gualtieri e Conte – andrebbe infatti finanziato con l’emissione di titoli comuni, gli eurobond. Su questa misura così importante, però, l’Eurogruppo ci ha propinato solo aria fritta. Innanzitutto, dei titoli comuni su cui farnetica l’inquilino di via XX settembre e quello di Palazzo Chigi, non c’è traccia. Il comunicato dei ministri delle Finanze parla di fondi che dovrebbero arrivare dal bilancio europeo: peccato che a febbraio, mentre in Italia deflagrava l’epidemia, a Bruxelles sia saltata l’intesa su quello 2021-2027.

Mario Centeno, presidente dell’Eurogruppo, addirittura ha menzionato solo “tre reti di sicurezza” (il Mes, lo Sure e la Bei), relegando il Recovery fund in coda alla sua dichiarazione e, soprattutto, smascherando la balla di Gualtieri e Conte. Centeno ha infatti sottolineato che “alcuni Stati membri hanno espresso l’opinione” secondo cui le finalità del Fondo andrebbero raggiunte “attraverso l’emissione di debito comune; altri hanno sostenuto che bisognerebbe trovare mezzi alternativi”. In parole povere, non solo gli eurobond sono lontani anni luce, ma non c’è accordo su come conferire al Recovery fund le risorse per attivarlo. Tant’è che il portoghese laconicamente conclude: “Il dibattito sugli aspetti legali, pratici e finanziari preparerà il terreno per una decisione”. Alle calende greche. Difficilmente entro il Consiglio Ue di dopo Pasqua (molto dopo Pasqua: il 23 aprile).

Le nostre imprese e le nostre partite Iva, però, stanno affogando adesso. E l’Europa, anziché soccorrerle, litiga per stabilire che pagherà il salvagente.Insomma, sir Giuseppi Churchill sognava sé stesso a Yalta. E invece s’è ritrovato a Caporetto.

Alessandro Rico, 11 aprile 2020

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