Il Conclave? Meglio di Striscia la notizia. Con tanto di “santo fuori onda” durante la messa Pro eligendo Romano Pontifice, presieduta dal cardinale Giovanni Battista Re.
Decano del Sacro Collegio: classe 1934, ordinato prete nel 1957, con un passato da diplomatico a Panama e in Iran, vescovo dal 1987, cardinale dal 2001. Ancora vispo e lucido, figlio di un ultracentenario — e logicamente, ormai, non sente più come una volta.
Accanto a lui, sull’altare, i “proto-cardinali” dei tre ordini: vescovi, presbiteri e diaconi. Il cardinale Parolin, che entra in Conclave con l’aura del favorito, era lì come proto episcopus. Come spesso accade a chi ha l’udito affaticato, il cardinale Re non riesce a modulare bene la voce. Così, al momento dello scambio della pace, si è rivolto a Parolin con tono squillante:
“Allora, ti faccio doppi auguri!”. La frase, amplificata dal microfono e risuonata nella solennità della basilica, non è certo passata inosservata: l’hanno colta concelebranti, tecnici e giornalisti collegati allo streaming del Centro Televisivo Vaticano.
Doppi auguri? Perché? Uno è ovvio: il ruolo centrale che Parolin giocherà nel Conclave. L’altro? Forse c’entra un recente ritratto del New York Times, che lo ha descritto come “un italiano imperscrutabile, con una faccia da poker, flemmatico e profondamente cauto”. Con una chiosa tagliente: “Anche i suoi sostenitori ammettono che gli manca il carisma di Francesco, ma come leader della macchina vaticana nell’ultimo decennio, è quello che ha realizzato la visione di Bergoglio.”
Infatti, durante e dopo l’abbraccio con il decano, Parolin è rimasto imperturbabile. Imperscrutabile, appunto. E chissà se questo silenzio glaciale sia stato un buon segno. Almeno per lui. Lo sapremo presto: parte con 50/55 voti gliene mancano una trentina per arrivare a 89. La notte a Santa Marta porta consiglio.
Luigi Bisignani per Il Tempo 8 maggio 2025
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