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Cosa succede se diciamo no al Mes

La premier Meloni in Aula al Senato: “No alle polemiche sul Mes”

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Sul piano concreto l’Italia non ha alternative alla ratifica del famigerato Mes (Meccanismo europeo di stabilità). Non ne aveva prima della pandemia, con indebitamento pubblico e deficit di bilancio relativamente sotto controllo, e non ne ha ancor di più attualmente, vista la crescita vertiginosa che ha interessato il nostro debito sovrano, con un disavanzo monstre che, probabilmente per non creare ulteriore allarme, da qualche tempo l’Istat calcola in rapporto al Pil e non più sulla base più realistica delle entrate pubbliche. Basti ricordare che nel 2022 il rapporto deficit/Pil si è attestato all’8%, mentre il disavanzo primario – finiti i bei tempi in cui la politica si nascondeva dietro il famoso avanza primario – ha raggiunto il 3,7% del Prodotto interno lordo.

In estrema sintesi, tutto questo ci dice con grande chiarezza che ancora una volta il Belpaese si trova assai vicino alla zona rischio di una crisi del debito, nel senso che non possiamo assolutamente permetterci, in attesa di misure che tendano a ridurre tali agghiaccianti rapporti di grandezza, di creare un clima di sfiducia in merito alla tenuta dei nostri conti. Sfiducia che, così come è sempre accaduto nel mondo reale, una volta innescata si autoalimenta, determinando la crescita incontrollata di uno degli elementi più detestati dai complottisti di tutte le latitudini: lo spread.

In sostanza accade che, avvertita una qualche incapacità a prendere in tempi rapidi le necessarie decisioni da parte di chi tiene le redini di uno Stato, coloro i quali ci prestano i quattrini, ovvero quella moltitudine di soggetti che per praticità definiamo “mercati”, cominciano alla spicciolata a pretendere un tasso di interesse maggiorato ogniqualvolta il Tesoro italiano emette nuovi titoli di Stato. Tutto questo poi, oltre ad un aumento diretto dell’onere a carico dei contribuenti, dato che sono sempre questi ultimi che pagano gli interessi ai nostri creditori, si porta in “dote”, se così vogliamo dire, un effetto molto deleterio per il sistema finanziario nel suo complesso.

Infatti, le banche, le finanziarie, le assicurazioni e qualsiasi altro settore che opera nel vasto mondo della finanza generalmente detiene nel proprio patrimonio ingenti quantità di titoli di Stato, il cui valore di mercato, dato che molti di questi titoli sono stati acquistati durante la lunga fase dei tassi ai minimi storici, si è già notevolmente risotto a causa dell’inevitabile risalita di detti tassi d’interesse.

Ebbene, se per avventura, magari a causa di un rifiuto categorico da parte del governo in carica di ratificare il summenzionato Mes, a ciò si sommasse una crescita addizionale del saggio d’interesse sui titoli emessi dal Tesoro, tutto questo provocherebbe un’immediata svalutazione patrimoniale delle aziende che operano nella finanza italiana, con il rischio di mandare in fallimento più di un istituto.

Per approfondire:

Ora, io capisco che non è facile adottare una inevitabile linea di realpolitik una volta giunti nella stanza dei bottoni, soprattutto dopo aver sostenuto argomenti di nicchia quando vi era solo la necessità di sopravvivere elettoralmente. Così come, aggiungo, non è altrettanto facile offrire il destro agli alleati della lega su una questione, da quest’ultimi usata altrettanto strumentalmente per parecchio tempo, dando a Salvini una grande opportunità di recuperare terreno rispolverando la sua grande versatilità a interpretare una figura di leader di lotta e di governo.

Tuttavia, considerata la posta in gioco, ossia la capacità a tempo indeterminato di pagare gli interessi su un debito sovrano che sta per raggiungere i 3mila miliardi di euro, il solo fatto di ratificare il tanto discusso  Mes (che come sostiene giustamente il ragionevole Fedriga, governatore leghista del Friuli-Venezia Giulia non significa affatto di doverlo utilizzare per forza) rappresenterebbe un solido puntello alla nostra credibilità internazionale, contribuendo, insieme alle già citate misure di aggiustamento economico e finanziario, a calmierare l’inevitabile crescita dei nostri tassi d’interesse.

E se Giorgia Meloni ha veramente in animo di durare oltre una legislatura, interrompendo la tendenza all’alternanza politica obbligatoria in auge da molti decenni nel Paese, dovrebbe ratificare questo benedetto Mes, spiegando in modo chiaro ai cittadini italiani le stringenti ragioni che ci obbligano a farlo.

Claudio Romiti, 29 giugno 2023

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