Così hanno usato la paura del Covid per affossare il centrodestra

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Mi sembra che lo abbiano sottolineato in pochi, tuttavia credo che nell’analisi della debacle elettorale del centrodestra non si possa prescindere dal tema infinito della pandemia. Una questione la quale a mio avviso, per l’uso strumentale che se ne sta facendo da quasi due anni, ha profondamente alterato il quadro politico. Molto in sintesi, possiamo dire che il primo effetto determinato dal surreale clima di terrore, che peraltro stiamo ancora vivendo grazie ad una informazione compiacente, sia stato quello di rinvigorire in modo significativo le forze politiche che più si identificano con il cosiddetto establishment. Forze politiche governative per vocazione, su tutte il Partito Democratico, le quali stanno dettando la linea della restrizioni fin dall’inizio di questa vicenda sanitaria, raffigurata come la fine del mondo.

Facendo credere che il Covid-19 fosse una malattia mortale per chiunque, quando sin dai primi momenti i numeri ci dicevano essa colpiva in modo grave essenzialmente le fasce più fragili della popolazione, i partiti del terrore virale hanno puntato tutto sulle misure più restrittive del mondo avanzato, con la prospettiva di ottenerne un grande ritorno in termini elettorali. In sostanza essi hanno cercato di accreditarsi, riuscendoci pienamente anche grazie all’arrivo di Mario Draghi nella stanza dei bottoni, come gli artefici di una sorta di salvezza nazionale di fronte ad un flagello che ci avrebbe sterminati in massa.

Ebbene, dal momento che il nostro prestigioso presidente del Consiglio, disattendendo pienamente gli auspici nutriti dalla minoranza di aperturisti di questo disgraziato Paese, ha addirittura inasprito le medesime restrizioni, con l’introduzione di un pass sanitario per il lavoro che ci rende unici nel mondo avanzato, i partiti della linea dura ne sono stati ulteriormente rinforzati. Ed è qui che è cascato l’asino del centrodestra, per così dire. Soprattutto la Lega di Matteo Salvini, una volta compiuto il grande passo di entrare nel governo, avrebbe dovuto cercare di distinguersi proprio sulla questione centrale della pandemia, sebbene dopo la lunga ubriacatura terrorizzante sopra accennata il rischio di passare per alleati del virus rappresentava e tuttora rappresenta un fattore che tende a limitare l’azione politica di chiunque, anche per chi appare abbastanza alternativo al citato establishment.

Nondimeno, sul tema ancora molto caldo di un green pass di stampo stalinista, la totale passività del Carroccio, dopo che all’inizio dell’estate lo stesso Salvini aveva minacciato fuoco e fiamme contro questo mefistofelico strumento di controllo sociale e politico, ha completamente appiattito la Lega sulla linea egemone della sinistra. Idem con patate per Forza Italia la quale, attraverso  l’ostentato entusiasmo di alcuni suoi esponenti al governo, ha fatto del green pass una sorta di paradossale vessillo di libertà. Ora, come poteva tutto questo motivare un elettorato di riferimento,  nell’ambito di un quadro generale decisamente inquinato dalla paura del virus, a sostenere chi si è posto in modo così chiaramente subalterno alla stessa sinistra di governo?

In tal senso, la scarsissima affluenza riscontrata in queste ultime elezioni comunali, le quali per la schiacciante omogeneità del risultato hanno mostrato una indubbia valenza politica, sembrerebbe  indicare che una buona parte di coloro che tendenzialmente votano centrodestra sono rimasti a casa, non sentendosi adeguatamente rappresentati da una coalizione in cui regna da tempo la confusione, non solo sul modo di affrontare il Covid-19.

Claudio Romiti, 21 ottobre 2021

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