Covid e lockdown: cosa chiediamo a Draghi

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Mario Draghi si è insediato da pochi giorni e nessun atto governativo di rilievo è stato ovviamente ancora preso. Né, sia beninteso, è da pretendere che il nuovo presidente del Consiglio faccia proprio in toto il nostro programma, cioè le idee del centrodestra. Anche se ci si augura che lo stesso egli non faccia con le idee della sinistra. Stando al discorso tenuto alle Camere, Draghi ha, come era prevedibile e come altrimenti non si può pretendere, deluso un po’ tutte le parti politiche, anche se poi tutte si sono dimostrate entusiaste (in modo a volte palesemente esagerato e ipocrita). Fa parte del gioco, almeno fino a quando dura la luna di miele.

C’è però una questione a cui la destra è più sensibile e la sinistra (almeno questa sinistra) niente affatto, anche se poi a ben vedere dovrebbe essere propria di tutti in un sistema occidentale e atlantista, come è quello a cui giustamente e inequivocabilmente Draghi si è richiamato. Ed è il problema della responsabilità individuale. A ben vedere, la cosa che più è mancata finora nella gestione della pandemia, la grande assente, è proprio una adeguata considerazione da parte del governo e della maggioranza uscente (a ciò impreparata culturalmente) di questa struttura etica fondamentale in una società libera e occidentale.

Il cambio di passo sostanziale che perciò bisogna chiedere a Draghi concerne sicuramente il merito dei provvedimenti presi finora (da quelli relativi alle schizofreniche e irrazionali disposizioni contenute nei dpcm al piano delle vaccinazioni) ma anche e prima di tutto il metodo. Perché il metodo finora adottato, cioè di disposizioni arbitrarie e dettate dall’alto, punitive e premianti a seconda dei casi, e cioè in sostanza paternalistiche e non responsabilizzanti, è proprio quello che è proprio dei paesi autoritari e non di uno stato democratico. Il “modello cinese”, in altre parole, che, ovviamente è stato applicato in modo meno rigoroso e più confuso da noi, ma che comunque si è mosso sullo stesso terreno. Hic Rhodus, hic saltus. A ben vedere, lo stesso problema della comunicazione istituzionale, fatta di annunci e di disposizioni contraddittorie o prese all’ultimo momento, a cui sembra che Draghi voglia metter mano, si inserisce in questo generale metodo di scarso rispetto per gli individui, considerati più o meno come pecore da allevare e condizionare per raggiungere fini ritenuti superiori o il “bene” della comunità. Il paternalismo, come già ricordavano Immanuel Kant e Wilhelm von Humbold, è insieme al perfezionismo (che nel nostro tempo potremmo tradurre come tendenza ad una immunità e sicurezza assolute che non è umanamente raggiungibile e né auspicabile), il più acerrimo avversario del liberalismo.

Da un grande statista e uomo politico quale il “tecnico” Draghi sicuramente aspira ad essere la rivoluzione che ci attende, il cambio di passo, potrebbe tradursi in un appello agli italiani ad essere responsabili, a seguire le poche regole che il loro buon senso prima che la scienza suggerisce. Impostato così il problema, cioè dal basso verso l’alto e non viceversa, e cioè in modo liberale, tutto il resto verrà di conseguenza. E lo Stato non si intrometterà più nelle vite private, casomai incentivando (come nella Ddr di un tempo) la delazione dei vicini di casa, né darà disposizioni di contenuto ma solo pochi generali e formali. Avrà fiducia nel “popolo sovrano”, come auspicabilmente quest’ultimo lo avrà nei suoi governanti. È utopia sperarlo? Chiediamo troppo, da liberali?

Corrado Ocone, 21 febbraio 2021

 

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