Dalla Serbia al Donbass: quello che non vi dicono sull’invasione di Putin

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di Paolo Becchi e Giovanni Zibordi

Guardando i fatti a posteriori è difficile giustificare le guerre che ci sono state negli ultimi decenni. Ci si stupisce anzi come ogni volta sia stato possibile trascinare le popolazioni a farsi ammazzare e ammazzare. Soprattutto ci si stupisce che una volta iniziata una guerra, come ora in Ucraina, non si cerchi di fermarla il prima possibile e si trascini invece per anni e anni. In questi giorni ricorreva l’anniversario del bombardamento di Bagdad del marzo 2003 che portò poi alla caduta della capitale e alla sconfitta di Saddam Hussein. Al crollo del regime e occupazione del paese fecero poi seguito circa sedici anni di guerra ulteriore e le vittime civili stimate (fonte Onu) sono state di 12 mila il primo anno, un picco di 29 mila morti civili dopo quattro anni e in totale circa 200 mila civili (oltre ai morti di militari e milizie vari che sono stati di più).

Vengono poi in mente tanti altri casi, ma quelli più eclatanti sono le guerre iniziate nel 2001 e 2003 e durate per quindici anni in Afghanistan e Iraq e per ultima anche quella in Siria dove gli Usa sono intervenuti dal 2015 al 2020 (e da non dimenticare anche i bombardamenti in Libia per rovesciare Gheddafi). Nel caso dell’Ucraina però, la guerra non è iniziata a fine febbraio, perché le Nazioni Unite riportano dal 2014 ad oggi 14 mila morti occorsi nelle regioni del Donbass di cui 3900 civili.

Se si parla con dei russi che vivono in Russia o hanno parenti in Russia quasi tutti citano i “14 mila” che sarebbero appunto i morti della guerra in Donbass degli ultimi anni. Questo numero totale, che include 3900 civili, è fornito dalla Commissione delle Nazioni Unite che si occupa di vittime civili (vedi sopra, aggiornato al giugno 2021 per cui poi ce ne sono stati altri, circa 180 solo nell’ultimo mese). Se si finge che questa guerra strisciante nelle province russe a est dell’Ucraina non esista, allora ovviamente quello che appare è una improvvisa invasione dell’Ucraina da parte di un potente vicino che vuole occuparla per ricreare la grande Russia o l’Urss. La Russia però ha un bilancio militare di soli 75 miliardi e la Nato di 1,200 miliardi, che ora viene portato a 1,400 miliardi di dollari. Che sia la Russia a minacciare i paesi Nato sembra quindi una forzatura.

È pur sempre una tragedia umanitaria, ma le vittime civili accertate (fonte Onu) in Ucraina sono al momento intorno a mille (erano 700 a venerdì scorso), tra cui anche circa 180 morti nelle province russe del Donbass. Come termine di confronto, a marzo 2003 per prendere Baghdad gli americani bombardarono per tre settimane, causando da 7 a 10 mila vittime civili, secondo stime Onu. All’epoca però le immagini su Cnn o Cnbc erano in prevalenza di Iraq che festeggiavano la caduta di Saddam e non di morti. A Belgrado nel 1999 ci furono 527 morti civili nei 79 giorni di bombardamenti della Nato a cui partecipò l’Italia per obbligare la Serbia a cedere e lasciare che il Kosovo si separasse.

Il problema di questa guerra in Ucraina è che in realtà esistono due aspetti, quello dell’invasione di truppe russe e quello degli otto anni precedenti di guerra strisciante nel Donbass di lingua russa. Il bilancio di vite umane perse raramente giustifica la guerra ed è terribile sempre anche quando sono alcune migliaia di persone. Purtroppo, nelle guerre in Medio Oriente innescate dagli Stati Uniti è stato nell’ordine, alla fine, delle centinaia di migliaia di morti. Questo fatto viene notato nel mondo al di fuori dall’Occidente, per cui in paesi come Brasile, Messico, Sudafrica, India, i paesi arabi e la Cina si preferisce rimanere neutrali.

In questa guerra ora la Russia nei negoziati sembra chieda sostanzialmente, oltre alla neutralità e alla “denazificazione” dell’Ucraina, che queste province ad Est e la Crimea, di lingua russa, si separino dall’Ucraina e le milizie nazionaliste vengano neutralizzate. Queste richieste probabilmente, se accettate, farebbero cadere il governo Zelensky perché i nazionalisti ucraini griderebbero al tradimento. È comunque di certo una situazione difficile. I media di lingua inglese però fanno apparire la questione semplicemente come un tentativo russo di occupare l’Ucraina, come la Germania nel 1941. Per cui la Nato adesso deve armare ancora di più gli ucraini e l’Occidente deve strangolare economicamente la Russia fino a quando non sia sconfitta.

Negli ultimi 30 anni però abbiamo fatto l’esperienza degli Usa che hanno trascinato in guerra la Nato in Afghanistan, Iraq, Siria e Libia per anni e anni. Hanno anche armato e finanziato fazioni diverse in diversi paesi per il “regime change” cioè rovesciare governi considerati nemici. Le giustificazioni di tutti questi interventi militari sono in seguito risultate sostanzialmente fasulle, i risultati politici più negativi che positivi e il costo umano finale terribile. Sarebbe quindi prudente non fidarsi più ciecamente del coro dei media americani, che sono sempre compatti, ma già hanno giustificato tante guerre “umanitarie” inutili, salvo poi parlare a distanza di venti anni degli “errori” commessi. Se si ascoltano ora i commentatori o i politici americani, gli otto anni di guerra nelle province russe del Donbass e Donesk con migliaia di morti semplicemente non esistono. Non ne vogliono parlare e così sembra ora si siano adeguati anche i media e politici italiani.

In realtà, ci sono stati anni di provocazioni, violenze e un governo eletto nel 2014 in Ucraina fu sostituito da un altro sulla spinta di violenze di piazza, non di democratiche elezioni. La rappresentante americana per l’Ucraina, Victoria Nuland, rivendicò di aver speso cinque miliardi di dollari per finanziare questi gruppi nazionalisti e ottenere il cambiamento di governo. Una cosa di cui Nuland si è vantata pubblicamente. Spendere 5 miliardi a finanziare movimenti politici in un paese il cui Pil non arriva a 600 miliardi vuole dire intervenire pesantemente sul governo di un paese.

Dal rovesciamento del governo Yanukovich del 2014, le milizie nazionaliste, specialmente provenienti dalla Galizia (una regione che fornì un’intera divisione SS e in cui ci sono anche oggi dei nostalgici), hanno commesso violenze ai danni dei russi, ad esempio a Odessa bruciarono vivi 34 russi che si opponevano al governo uscito dal colpo di stato del 2014.  Solo due settimane fa hanno assassinato uno degli stessi negoziatori ucraini perché considerato filorusso. Questi fatti non esistono però sui media americani e sembra ora anche sui media italiani. Di conseguenza, sembra che anche questa volta noi seguiamo la linea americana di politica estera e politica mediatica e fingiamo che l’Occidente combatte per la libertà e i diritti umani contro un dittatore come Saddam o Assad o Gheddafi.

Purtroppo, le guerre in Medio Oriente scatenate dagli interventi Usa, oltre ad aver portato centinaia di migliaia di morti, hanno creato conseguenze in termini di terrorismo islamico di ritorno che ha colpito l’Europa per anni (a Parigi, Londra, Madrid e poi anche in Germania, Belgio… per fortuna non in Italia). E anche di ondate di immigrazione e rifugiati da questi paesi. Gli Usa, oltre agli interventi militari, tramite la potenza dei conglomerati media americani, l’utilizzo di finanziamenti diretti e anche di una rete di enti “NGO” attraverso cui passano milioni di dollari, hanno orchestrato il “regime change” cioè fatto cambiare il governo, in paesi come l’Ucraina o la Georgia. Quando però intervengono, sia con militari che indirettamente armando o finanziando milizie e movimenti locali, in Iraq come in Siria come in Ucraina, i risultati sono negativi. Quasi sempre ci sono state guerre e conflitti che si trascinavano per anni. Ed è questo purtroppo che può anche verificarsi in Ucraina.

I motivi per cui l’élite americana degli ultimi 30 anni adotti questa politica di continuo intervento in paesi lontani si possono discutere, ovviamente. Ma quello che conta sono i risultati pratici, che sono stati sempre diversi da quello che promettevano i leader americani o gli editoriali del “New York Times”. Non tutti i paesi però sono deboli come quelli del Medio Oriente o l’Ucraina. La Russia lo è economicamente, ma ha materie prime, forza militare, ora anche una forma di alleanza con la Cina e gode della neutralità dei maggiori paesi asiatici, africani e sudamericani. La posizione russa nei negoziati sembra essere l’indipendenza delle province di lingua russa oltre che la neutralità dell’Ucraina.

In Kosovo la Nato bombardò la Serbia perché non voleva riconoscerne l’indipendenza. Si potrebbe persino sostenere che il Donbass e Crimea sono una situazione simile al Kosovo, province di lingua ed etnia differente che non si riconoscono nel governo centrale che invece insiste per controllarle e in cui ci sono violenze da anni. Il ricordo dell’Urss che settant’anni fa occupava la Cecoslovacchia o l’Ungheria non va confuso con una questione circoscritta ad alcuni milioni di russi nell’est e sud dell’Ucraina. Non esiste nessuna evidenza che la Russia di oggi, con 146 milioni di abitanti e un’economia sottodimensionata, voglia occupare tutta l’Ucraina con 40 milioni di abitanti e piena di nazionalisti che poi combatterebbero come nella ex Jugoslavia. Perché dobbiamo anche noi italiani ed europei scontrarci ora, dare armi, finanziamenti, sanzioni e boicottaggi a 360 gradi per impedire alle province russe di essere indipendenti?

In termini umanitari, in realtà la guerra c’è già da anni in queste regioni dell’Ucraina di lingua russa e ci sono stati già migliaia di morti dopo che sono sorte queste milizie nazionaliste. Gli Usa hanno speso miliardi di dollari andati ai movimenti nazionalisti spesso violenti. Si può anche ricordare che all’epoca dell’insurrezione contro il governo ucraino apparve l’intercettazione famosa in cui ancora una volta la Nuland parlando all’ambasciatore Usa gli disseFuck the Eu”, in riferimento appunto alle preoccupazioni e interessi divergenti tra americani ed europei nel far saltare il governo ucraino dell’epoca (qui ne parlava la Bbc). Questi gruppi e movimenti nazionalisti che gli Usa, per rovesciare il governo precedente hanno finanziato per anni, ora giurano che combatteranno fino alla morte per tenere anche le province abitate da russi dentro l’Ucraina. Questa è una situazione in parte simile a quando per anni gli Usa hanno finanziato e aiutato i talebani e Osama Bin Laden stesso in Afghanistan perché combattessero l’Urss. Come si sa, questa politica ha dato risultati terribili.

Volendo allora sintetizzare, se parliamo di “guerre umanitarie”, gli Usa hanno già causato centinaia di migliaia di morti in tanti paesi arabi e in aggiunta in questo modo provocato in risposta del terrorismo islamico in Europa. Sempre parlando di vittime civili, la Nato aveva già bombardato Belgrado nel 1999 per due mesi per far separare il Kosovo. Infine, gli Usa hanno finanziato nell’ultimo decennio i nazionalisti ucraini che hanno rovesciato un governo eletto nel 2014 e da anni sparano sui russi del Donbass. È pur vero che gli americani hanno liberato dai tedeschi l’Italia nel 1945 e ne siamo ancora oggi grati. Sono però passati quasi ottanta anni e tante cose sono cambiate, anche se migliaia di film ci ricordano sempre quei momenti come se fosse oggi. Ci sono state, come abbiamo ricordato, poi tante altre guerre in cui spesso, per qualche motivo, era coinvolta l’America e il bilancio umanitario è stato disastroso. Pochi oggi sostengono che qualcuna di queste guerre, Vietnam incluso, valesse la pena.

Oggi l’Occidente pesa di meno, la Russia molto di meno dell’Urss e l’Europa pesa sempre di meno. La maggioranza della popolazione del mondo è altrove e in India, Sudafrica, Brasile, Pakistan, Cina, Medio Oriente o anche Messico non danno molto retta ai media americani che parlano di interventi umanitari e lotta contro il pericolo russo. Persino Israele non ha adottato nessuna sanzione contro i russi. Sembra però ora che, ancora una volta, l’élite Usa stia trascinando l’Europa, oltre che l’Ucraina, in una guerra inutile, ma questa volta contro una potenza nucleare, nel mezzo dell’Europa, un paese, la Russia, che ci fornisce molte materie prime ed energia.

Se tutto questo fosse per salvare milioni di vite umane ovviamente ci sarebbero sacrifici che si possono fare, come nel ‘42-’45. Il bilancio di questo conflitto in Ucraina finora, spiace dirlo perché ogni vita umana ha valore, è molto inferiore a quello delle guerre Usa che abbiamo ricordato. In conclusione, se l’Ucraina cedesse formalmente le province a est di lingua russa in cui si combatte da anni e in questo modo la guerra finisse, forse quasi tutti alla fine in Europa ne beneficerebbero. E allora proprio non si capisce perché l’Unione europea e il nostro governo in primis stia facendo di tutto per continuare questa guerra, invece di porsi l’obbiettivo di fermarla.

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