Dopo la casa, l’Ue vuole vietarci le auto

L’annuncio del Cite segue la strada dell’Europa: addio auto col motore a scoppio dal 2035

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Le ideologie sono pericolose. I burocrati anche. Ma quando un’istituzione riunisce entrambe le caratteristiche, allora il problema si fa davvero grosso. È il caso dell’Ue, che negli ultimi giorni sembra essersi trasformata nel sacerdote perfetto della religione di Greta. Prima la direttiva che intende vietare la vendita o l’affitto degli immobili poco green, ora i primi effetti della proposta della Commissione di dire addio al motore endotermico (quello a scoppio, per capirci) entro il 2035.

Non si tratta di una novità assoluta. La proposta Ursula von der Leyen l’aveva resa nota nei mesi scorsi, ma ieri è arrivato il via libera anche del Comitato interministeriale per la transizione ecologica. Giorgetti, Giovannini e Cingolani si sono visti ed hanno imboccato la strada indicata dall’Unione Europea. Difficile fare diversamente, forse. E ovviamente la questione dovrà essere ratificata sia dal parlamento Ue che da quello italiano. Ma si tratta di un primo passo verso l’ignoto, che potrà avere delle conseguenze drammatiche nel settore dell’automotive italiano. Si parla di 5-600mila posti di lavoro a rischio. Senza contare che la tecnologia del motore elettrico è quasi tutta in Cina. Con l’Unione europea che rischia di restare a guardare.

La road map per ora è questa: dal 2035 in poi non si potranno più immatricolare auto alimentate a benzina, diesel o gpl; dal 2040 lo stesso principio verrà applicato ai furgoni e ai veicoli da trasporto commerciale leggero. Le alternative saranno l’elettrico, ovviamente. Ma anche l’idrogeno e, chissà, magari il biocarburante. “La scelta di andare verso l’auto elettrica ha sicuramente una conseguenza già stimata e precisata che oltre la metà della manodopera che lavora nella filiera dell’automotive non lavorerà più in quel settore – ha lanciato l’allarme Giorgetti – magari altrove, ma non lì. È un discorso giusto da porre, senza fare del terrorismo industriale ma la transizione ambientale non è solo rose e fiori”.

Secondo una stima stima di PwC Strategy & consultants, che ha realizzato uno studio per la Clepa, l’Associazione europea dei fornitori, il passaggio all’elettrico potrebbe mettere a rischio 500mila posti di lavoro. Di questi, alcuni potrebbero essere riconvertiti nel software, nella produzione e nell’assemblaggio delle celle delle batterie, riducendo la perdita netta di posti di lavoro a 275.000. Ma solo a patto che l’Europa sia in grado di battere i campioni asiatici nell’industria delle batterie: mentre ora siamo avvantaggiati nel motore endotermico, in questa nuova guerra commerciale partiamo indietro. Col rischio di far bene all’ambiente, ma di uccidere la più importante industria europea.

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