Cultura, tv e spettacoli

Dove sbaglia Report su Sgarbi

© scyther5 e DAPA Images tramite Canva.com

Non entro nel merito delle inchieste di Report su Vittorio Sgarbi, che non ha certo bisogno di essere difeso da me. Io mi occupo di letteratura e di Letteratura Sgarbi sa poco o nulla, ma non è un male. È un bene. Il miglior non critico di arte italiano ma il miglior visionario di arte italiana. Se potesse verrebbe porta a porta a parlarcene a farci capire a farci diventare più sensibili perché l’arte oggi è con parte. Sgarbi è oggi al centro di un bersaglio continuo da parte di Report: ciò non mi scandalizza.

Mi scandalizza l’uso che Report fa dei servizi.

Venti anni fa paolo Pietrangeli – autore della canzone simbolo della contestazione “Contessa” – incontrato dietro le quinte del “Maurizio Costanzo Show” mi disse: “Vedi Gian Paolo, non importa cosa uno dice ma come lo inquadro e che sonoro faccio usare. Pietrangeli mi fece capire che anche il discorso più assennato poteva essere neutralizzato dalla inquadratura di un piede o di un altro ospite”. Le inchieste di Report su Sgarbi sono legittime ma nessuno ha notato ad oggi una violenza subliminale: Sigrfrido Ranucci e i suoi inviati continuano a ripetere che è una inchiesta e se ne occuperà la magistratura. Non emettono sentenze. Però intanto: sottofondo della sigla del ladro “Lupin”, della “Pantera rosa e ispettore closeau”, “007.

Se la voce narrativa accompagna le immagini e le parole di pentiti di se stessi (tutti ex collaboratori mai un collaboratore contemporaneo) tutto viene sovrastato dalla musica che già di per sé traduce tutto in farsa e al contempo in condanna. E il rigore dell’inchiesta diventa così infotainment: da una parte – quella rigorosa si sottolinea la innocenza di Sgarbi sino a sentenza- dall’altra musica e parole lo condannano più che ad un politico colpevole di qualche macchia ad una macchietta. E qui sta l’errore di “Report”: aver paura del nemico che si combatte cercando di rendere un servizio a quattro (ReportIl Fatto) ad una presunta leggerezza che però la denuncia giornalistica non è.

Non sta a me giudicare, abbiamo rispetto l’uno dell’altro da tanti anni, ma tutto si può dire tranne che Sgarbi nel bene o nel male non cerchi di spiegare a mia mamma (come direbbe Mario Giordano) il valore di quell’opera d’arte che siamo noi.

Gian Paolo Serino, 29 gennaio 2024

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