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È tornata la dea Egonu, guru dell’antirazzismo

L’intervista della campionessa di volley: “Non lo faccio per me ma per una serie di persone che lo vivono”

Paola Egonu

Quo usque tandem abutere, Paola Egonu, patientia nostra? Salta fuori da youtube una videointervista alla indiscussa e indiscutibile campionessa, di volley ma soprattutto di vita, che è tutto un programma, uno zeitgeist, una weltanschauung: lei a tutto campo, parole in libertà estrema mentre difende (da chi?) “il mio privato” ma lo dà regolarmente in pasto, lo rende pubblico, rivendica una vita privata e, soprattutto, ora e sempre, si esalta nell’esaltazione allo specchio, sicura che ogni dissenso, non si dica critica, a lei rivolta abbia l’insopportabile colore del razzismo.

Facile così! Lei può presentarsi a un festival di potere a dire che gli italiani non la meritano, che mai regalerebbe loro la sua pregiata genetica, la sua discendenza, mai e dico mai un figlio in questo Paese che “vivrà tutto lo schifo che ho vissuto io”, e se uno ci resta male, se uno non ringrazia, fantozzianamente, è un razzista. Lui, capite. Fare la guru è facile, se non sai di che parli.

Egonu rivendica piena libertà d’opinione ma non tollera reazioni fuori dall’alone della adorazione acritica, isterica. La automitopoiesi compulsiva, quell’ “Io, io, io” che purtroppo è ormai anche dei sommi pontefici. Vanitas vanitatum!

Se mi danno contro mi odiano, sono ingrati. Loro, per dire il mondo. Egonu non vuole essere criticata, non lo accetta, non riesce a concepirlo, o adorata oppure, alla minima obiezione, tutto rifluisce nel razzismo. Sì, sono rosiconi, chiosa il radiofonico.

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La cosa incredibile è che questa pallavolista farcita di milioni, di attenzioni, ancora insiste nel definirsi “guardata con la puzza sotto al naso se solo entro in un negozio”: deve accorgersi di averla sparata troppo grossa e allora si salva alla maniera dei demagoghi: non parlo per me ma per altre bambine nere. Ma su, ma per favore. Fossi io una bambina nera, sarei la prima a mandarla a quel paese, italiano naturalmente, perché nessuno contesta che la dea Egonu sia italiana. Nessuno tranne lei, a volte. Irreggibile, nel senso di Rito Gaetano e il conduttore di servizio se possibile di più.

Nessuno, tranne forse Vannacci, e va beh, ha mai manifestato fastidio per l’etnia di questa campionessa un po’ egocentrica, dedita al culto di sé stessa, del proprio assurdo martirologio. Nessuno per il suo colore o le sue origini. È lei ad accusare, ad attaccare un Paese intero, obbligato a fare i conti con le sue calcolatissime escandescenze.

Nel video le frasi di Paola Egonu sulle discriminazioni che si possono ricevere: “I versi quando sei in campo, dei genitori, delle atlete. Quando entri in un negozio e vieni subito controllata con la puzza sotto il naso. Tante situazioni o dinamiche che noti e ci fai caso”. 

Egonu è, naturalmente, solo un paradigma, per quanto irritante: chiunque ritenga di meritarsi una qualsiasi ribalta, eventualmente candidatura, ormai esagera allo stesso gioco, ed è un gioco ambiguo, sempre sul crinale tra calcolo pubblicitario, affaristico e approccio ideologico, il dannatissimo woke che move il sole e le altre stelle.

Egonu sa che ad ogni sparata cresce l’attenzione. Quello che non sa, o non se ne cura, è che in questo modo finisce prigioniera delle sue allucinazioni; che in questo modo contribuisce per sua parte all’allucinante processo di autosabotaggio, di corrosione ideale, morale, sociale, intellettuale di un Occidente del quale, le piaccia o meno, fa parte e l’ha resa una privilegiata, ottenendo in cambio dita puntate come pistole.

E quanto ci vorrà, santo cielo, bianchi o neri o a strisce, come le zebre, per ammettere, beh, insomma questa Italia di merda in questo Occidente di merda mi ha resa ricca, famosa, osannata a 20 anni, poteva andarmi peggio, sono se non riconoscente almeno contenta. “Ah, io non so dirti cosa è giusto o sbagliato”. Ecco, allora comincia a menarla meno, magari approfondisci, esci dalla bolla di te che fingi di voler riscattare le altre ragazzine di colore.

Max Del Papa, 5 aprile 2024

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