Ecco qual è l’alternativa al green pass

Esiste un altro modo per affrontare il virus senza il lasciapassare verde? Secondo Becchi e Menichella sì e ci spiegano come

52k 85
generica_porro_1200_3

di Paolo Becchi e Mario Menichella

Molti si chiedono che alternative ci possano essere al green pass. Sebbene una trattazione esaustiva dell’argomento vada al di là degli scopi del presente articolo, crediamo che si possa comunque fare qualche primissima riflessione schematica sulla base della mole di informazioni che ormai si hanno.

In Italia, le priorità delle Autorità politico-sanitarie sul tema sembrano essere da mesi, nell’ordine:

  • Vaccinazione “flat” degli italiani (cioè senza alcuna distinzione di età, dai 5 anni in su);
  • Restrizione della libertà (in pratica) dell’intera popolazione tramite obbligo del green pass;
  • Controllo del possesso del Green Pass (sulla carta, poiché di fatto spesso è a campione).

Priorità oggi non sono più supportate dai fatti

Sappiamo ormai dalla letteratura scientifica (i seminari per “addetti ai lavori” del dr. Alberto Donzelli sull’argomento sono esemplari in tal senso) che la vaccinazione degli under 50 non è protettiva degli over 50 e dei non vaccinati, poiché non si può raggiungere l’immunità di gregge (trattandosi di vaccini “leaky”), come già a giugno mostrato quantitativamente in ben tre modi diversi [1].

Il green pass scoraggia la popolazione al vaccinarsi, induce un senso di falsa sicurezza in chi lo riceve e non assicura immunità a chi lo esibisce, se non dopo 14 giorni dalla vaccinazione e per soli 4 mesi (forse perfino meno), dopodiché vaccinati e non vaccinati sono almeno uguali di fronte al rischio di infezione.

Non solo. Dal Sudafrica arrivano delle conferme indirette (vedi figura) anche per la variante Omicron [2] al fatto, già trovato da Cheimatelly et al. per la variante Delta in Qatar, che i vaccinati dopo un certo tempo hanno una protezione “negativa”. Ma con la Omicron ciò potrebbe accadere addirittura “da subito”.

Con la variante Omicron, anche un rischio di reinfezione pari a 5 volte non sarebbe sufficiente per spiegare l’aumento ultrarapido della sua prevalenza in Sudafrica, e probabilmente ciò implica che proprio l’immunità indotta dal vaccino sta aumentando l’infettività della Omicron. Dunque, l’efficacia vaccinale nel prevenire la Omicron sembrerebbe essere negativa. (fonte: Levan Djaparidze su dati di Pulliam et al. [2])

Di conseguenza, il controllo del green pass distoglie forze ed energie delle Forze dell’ordine da controlli che sarebbero più utili (ne accenneremo brevemente più avanti). Inoltre, alimenta il divario e la sfiducia fra cittadini e istituzioni, che si somma alla frattura sociale fra vaccinati e non vaccinati.

Molte persone pensano che il green pass serva per salvare l’economia. In realtà, la Spagna è un Paese a noi molto simile per latitudine e indole della gente ma non ha avuto bisogno del green pass per indurre le persone a vaccinarsi ben più che da noi. Viceversa, sappiamo che il green pass è un perfetto lasciapassare solo per il virus, se dura nove mesi come oggi (perciò la durata forse sarà ridotta a sei).

Dunque, il green pass è solo una caccia al capro espiatorio, una odiosa discriminazione tra vaccinati e non che divide il Paese, esaspera gli animi dei due gruppi, impedisce di concentrarsi sulla protezione delle persone più a rischio, come dimostra il ritardo in cui si è con le terze dosi alle fasce di età over 60.

Che succederà verosimilmente se si continua con queste strategie

I paradigmi su cui si fondano le attuali strategie vaccinali sono purtroppo pervasi da anomalie sempre maggiori, che ne minano la credibilità, ma che vengono bellamente ignorati dei decisori. Basti considerare il dilemma tra la mortalità da Covid-19 ridotta dalle vaccinazioni e l’anomalo aumento di mortalità totale nel 2021 in troppe classi di età, o l’appena citata rapida perdita di efficacia dei vaccini nel proteggere dall’infezione, associata nel tempo a crescente suscettibilità all’infezione nei vaccinati.

Se quindi i decisori sanitari non prendono atto di quanto i dati statistici e le evidenze degli studi medico-scientifici suggeriscono, sappiamo cosa faranno: obbligheranno alla terza dose, poi alla quarta, alla quinta, e così via in un loop potenzialmente senza fine. Per farlo con una popolazione sempre più stanca di questa politica sanitaria “monotematica”, dovranno porre restrizioni sempre più pesanti.

Nel frattempo, l’economia italiana risentirà moltissimo di queste restrizioni, sebbene lo farà in modo graduale secondo la nota metafora della “rana bollita”, il che renderà ancora più insidioso questo andazzo, poiché i politici si accorgono delle variazioni esponenziali, ma molto meno di quelle quasi-lineari.

Non è difficile prevedere che, insistendo su queste linee, si rischia un “effetto boomerang”; che in parte già vediamo in Israele, altro Paese con green pass: sempre più persone rifiutano i richiami. Da noi, sempre più vaccinati odiano i non vaccinati. Insomma, si pongono le premesse per un disastro socio-economico.

La mancanza di “visione” nelle scelte

Sembra mancare una visione della realtà e di dove realmente si vuole (e deve) andare. Un Governo saggio soppeserebbe, innanzitutto, l’impatto sanitario e quello economico di ogni singola decisione, visto che non siamo più in piena emergenza. La Covid-19 impatta (in assenza di vaccini) per il 97% su anziani e fragili, le misure restrittive prese – invece – su tutta la popolazione, in particolare giovani e lavoratori.

In secondo luogo, andrebbe valutato il rapporto rischi-benefici delle varie “armi” utilizzate o utilizzabili (vaccini, farmaci vari, integratori, etc.), specie di quelle che ormai si stanno usando in maniera “seriale” e soprattutto a tutela delle fasce di popolazione più giovani e dei bambini, “vittime” di questa isteria.

Il Regno Unito ha avuto, al contrario di noi, una visione e ha puntato soprattutto su tre cose: 1. vaccinazione come da noi (ma senza Green Pass!); 2. circolazione del virus fra i giovani, che hanno potuto acquisire un’immunità ampia e duratura di cui beneficia l’intera comunità; 3. un’app efficace per il tracciamento.

Si può fare ancora di più, ma sono evidenti gli enormi vantaggi della strategia del Regno Unito, che si hanno sul lungo termine: immunità più robusta e lunga di ampie fasce della popolazione; numero di morti stabile da mesi (anzi, semmai in calo); nessun impatto economico rilevante. Insomma, un buon modello.

Il numero di morti del Regno Unito è da mesi stabile, se non in discesa. E senza Green Pass!

Cosa ci dicono dati e studi scientifici

Sta diventando sempre più evidente che la nuova variante elude (o può eludere) i vaccini in circolazione, che le terze dosi durano assai meno delle seconde dosi, che certi effetti avversi seri aumentano al crescere delle dosi, che l’eccesso di mortalità osservato nel 2021 in Europa e negli USA – specie nelle fasce di età under 50 – è correlato (peraltro con uno schema molto caratteristico e ben definito che necessita un urgente approfondimento) alla percentuale di vaccinati nelle rispettive classi di età [3].

D’altra parte, abbiamo imparato che la pandemia, che ricalca in questo molto l’influenza, uccide i più anziani ed i più fragili (persone con comorbidità) ed ha prevalentemente carattere stagionale, in quanto la vita negli ambienti chiusi e il clima favoriscono un Rt > 1 (diffusione) nel periodo invernale, mentre Rt < 1 (cioè l’opposto) nei mesi estivi, come abbiamo ormai imparato dalle ultime due estati “tranquille”.

Quindi, le priorità del Governo italiano e le sue prevedibili decisioni future cozzano decisamente con la realtà dei fatti e con ciò che suggeriscono i dati e la letteratura scientifica. Questo divario fra decisioni e scienza pare riflettere una sorta di “stato confusionale” dei decisori, ma soprattutto una mancanza di visione a lungo termine.

L’emblema della “confusione mentale” delle Autorità italiane

Lo stato di confusione mentale è testimoniato anche dall’ultima “trovata” del Governo: dai Paesi UE si entra in Italia solo con test negativo, anche se vaccinati. La giustificazione usata da Draghi è stata che si voleva difendere il “vantaggio” di 20 giorni dell’Italia. Ma essa pare una decisione insensata per tre motivi:

  • I vaccinati senza test (12 milioni gli italiani potenzialmente scoperti, avendo ricevuto la 2° dose da oltre 5 mesi) possono circolare liberamente e accedere ovunque in Italia, ma per entrare nel nostro Paese i vaccinati o i guariti devono presentare un test negativo. Un totale cortocircuito logico;
  • La Omicron ha un tempo di raddoppio di circa 2 giorni, ed è già abbastanza presente in Italia da far capire, con pochi conti da terza media, che il controllo (teorico) alle frontiere per evitare l’ingresso di turisti infetti è quasi ininfluente sui numeri e sui tempi della diffusione della Omicron in Italia;
  • Appena i turisti che avevano intenzione di venire in Italia vanno in agenzia a prenotare il viaggio e sentono delle restrizioni in Italia, optano per un altro Paese; e intanto le prenotazioni degli hotel e il giro d’affari del turismo e della ristorazione crollano, preparando una nuova ondata di fallimenti.

l brevissimo tempo di raddoppio della variante Omicron è evidente dai casi di Covid a Londra per variante. Il peso della variante Omicron fra i campioni analizzati è passato dal 2% all’80% in soli 14 giorni.

La “caccia alle streghe” che ha distratto dalle vere priorità

Il vizio di fondo, e di origine, del delirio italiano deriva dall’illusione di poter azzerare i casi, ed evitare ondate, con vaccini che non impediscono la trasmissione del coronavirus – e non hanno mai promesso di farlo. Eppure, i vaccini funzionano bene nell’evitare la morte: perché nessuna delle autorità fa mai notare che i morti di oggi sono 1/5 rispetto a un anno fa? Perché evidenziare solo i contagi?

E sarebbe potuta andare anche meglio, se invece di concentrarsi a inseguire e criminalizzare i non vaccinati ed a reprimere le manifestazioni di dissenso, il Governo si fosse “dato una mossa” con le terze dosi, come osserviamo da settimane noi e tutti i principali osservatori indipendenti.

Un recente report dell’Università Cattolica stima che oltre 3 ricoveri su 4 tra i vaccinati (il 76%) e addirittura 7 su 10 in terapia intensiva si sarebbero potuti evitare se le persone vaccinate da oltre 5 mesi avessero ricevuto la terza dose. Un ritardo, evidentemente, che non si può che definire “colpevole”.

Sulla Omicron si sa poco ma, secondo quanto emerge dall’ultimo report stilato dal prestigioso Imperial College di Londra [4], la protezione contro la reinfezione offerta da un’infezione avuta in passato è simile a quella offerta da due dosi di vaccino: circa il 20%. Dunque, il ritardo sulle terze dosi può essere letale.

Verso una strategia di mitigazione più razionale e “multi-arma”

Si potrebbe trovare un compromesso ragionevole fra vaccinazione e accettazione della stessa da parte della popolazione senza rischiare, allo stesso tempo, di fare molti morti da effetti collaterali (per ogni singolo morto Covid evitato) fra gli under 50 – come è purtroppo suggerito dalle statistiche di EuroMomo e Istat (lo vedremo meglio in futuri articoli) – optando per una:

  • Vaccinazione stagionale consigliata per gli ultra-sessantenni, visto che oltre il 97% di chi muore per Covid (in assenza di vaccini) è over 60. La vaccinazione stagionale è stata suggerita dal prof. Francesco Vaia, direttore sanitario dello Spallanzani, pubblicamente (l’ultima volta a “Quarta Repubblica”, su Rete 4), dato che il SARS-CoV-2 (come l’influenza) circola molto di più – e dunque è più pericoloso per la popolazione e per la potenziale saturazione degli ospedali – soprattutto nel periodo invernale; e, d’altra parte, i richiami vaccinali hanno una durata temporale relativamente breve per la protezione da effetti gravi (circa 7 mesi contro la Delta dopo 2 dosi). Naturalmente, nota Vaia, “il vaccino dovrebbe venire aggiornato annualmente”.
  • Strategia di mitigazione “multi-arma”. Si dovrebbero, ad esempio, implementare: 1. cure domiciliari precoci (ormai vi sono molte scelte farmacologiche sicure per i pazienti supportate da seri studi controllati randomizzati, che possono benissimo sostituire gli anticorpi monoclonali nei casi più lievi e/o nei soggetti meno a rischio); 2. app di tracciamento (quella inglese ha funzionato alla seconda versione, noi invece con Immuni ci siamo arresi subito con la prima); 3. linee guida sul ricambio d’aria basate sulle conoscenze acquisite in questi mesi (specie da ingegneri e fisici); sistema di early warning epidemiologico (basato ad esempio sui dati dei Comuni), etc.

Viene detto dai politici che “siamo in guerra contro il virus”, ma nessun militare si sognerebbe mai di vincere una guerra usando un solo sistema d’arma (i vaccini). Eppure è quello che, di fatto, le Autorità stanno facendo, senza rendersi conto che la guerra la stanno in realtà perdendo: perché, se l’obiettivo è – come dovrebbe essere – a. minimizzare non solo i morti fra gli anziani ed i fragili ma anche gli “altri impatti” che pesano sull’intera popolazione (economici, sociali, psichici, etc.) e, soprattutto, b. diminuire la mortalità per tutte le cause della popolazione, entrambi non sono stati affatto raggiunti, come vedremo meglio in futuro (dato che si tratta di due questioni chiave trascurate da tutti).

Riferimenti bibliografici

[1] Menichella M., “Quale potrebbe essere l’impatto del COVID-19 in Italia nel prossimo autunno-inverno?”, Fondazione Hume, 28 giugno 2021.

[2] Pulliam J.R.C. et al. “Increased risk of SARS-CoV-2 reinfection associated with emergence of the Omicron variant in South Africa”, preprint, medRxiv, 1° dicembre 2021.

[3] Pantazatos S. & Seligmann H., “COVID vaccination and age-stratified all-cause mortality risk”, preprint, ResearchGate, ottobre 2021.

[4] Ferguson N. et al., “Report 49 – Growth, population distribution and immune escape of Omicron in England”, Imperial College London, 16 dicembre 2021.

 

Ti è piaciuto questo articolo? Leggi anche

Seguici sui nostri canali
Exit mobile version