Banca

Bper vuole comprare la Popolare di Sondrio, il risiko bancario è completo

Lanciata un’offerta pubblica di scambio con la Unipol di Cimbri in regia. Ma a Sondrio è ancora molto forte lo spirito popolare lasciato da Melazzini

Bper-Sondrio © YiuCheung tramite Canva.com

Quando le banche popolari erano ancora tali per statuto e vigeva voto capitario, si diceva che se la Banca Popolare di Sondrio fosse mai stata costretta alle nozze la sposa naturale sarebbe stata la “consorella” dell’Emilia Romagna. Si tratta proprio di quella Bper che ora, guidata dall’ad Gianni Franco Papa, si è lanciata alla scalata sull’istituto valtellinese con un’offerta pubblica di scambio da 4,5 miliardi.

Nei corridoi di Modena e di Sondrio sono però ormai cambiati del tutto logiche ed equilibri. Numerose le ragioni:

  • dopo la riforma del credito cooperativo imposta dal governo Renzi, ormai non vige più la regola una testa un voto ma contano i grandi azionisti;
  • sono scomparsi i due banchieri artefici delle rispettive crescite sul territorio, Guido Leoni per Bper, Piero Melazzini per Popolare Sondrio.  Leoni e Melazzini erano accomunati, oltre che dall’eleganza dei modi fotografata anche nel panciotto del banchiere vecchio stampo, da una fede incrollabile nel valore della banca cooperativa sul territorio. Entrambi i banchieri si sono spenti un mese di dicembre di qualche anno fa, Melazzini nel 2015, Leoni nel 2019;
  • grande azionista di entrambe le banche è ormai da tempo il Gruppo Unipol di Carlo Cimbri, che controlla quasi il 25% del gruppo Bper (derivati compresi) e poco meno del 20% del gruppo valtellinese. 

Fatti due conti, la Unipol di Cimbri potrebbe quindi controllare circa un quinto della banca post fusione risultante dalla somma tra Bper e Popolare Sondrio.

Contendendo a Mps, che si è lanciata alla conquista di Mediobanca, il ruolo di terzo polo bancario italiano alle spalle delle due big del sistema. Si tratta di:

L’Ops promossa da  Bper prevede un rapporto di concambio di 1,450 azioni di nuova emissione per ogni titolo della Sondrio, con un prezzo implicito di 9,527 euro per azione e una valorizzazione complessiva da 4,5 miliardi. Quindi sul tavolo c’è solo carta, nulla in contanti.

“Questa operazione basata su logiche industriali rappresenta un’opportunità unica di creare un gruppo bancario leader in Italia, con due banche complementari che hanno modelli di business coerenti e che condividono gli stessi valori. Il nuovo gruppo beneficerà di una scala significativa in termini di clientela, presenza geografica e sinergie, che consentirà di creare ulteriore valore per gli stakeholder di entrambi gli istituti”, ha rimarcato l’amministratore delegato di Bper, Gianni Franco Papa.

“Sarà un gruppo bancario più solido e forte con un’offerta di prodotti e servizi più ampia a beneficio della clientela anche grazie a significativi investimenti IT e digitale e con un importante focus sul capitale umano”, ha aggiunto Papa definendo “amichevole” la scalata sferrata sulla Banca Popolare di Sondrio. Va detto che a Bper non restavano altre mosse da fare sul mercato dopo l’accelerazione del risiko dell’ultimo mese che complessivamente vale una trentina di miliardi.

Gli analisti scommettevano da tempo che il destino di Bper e di Popolare Sondrio sarebbe stato comune. Modena ha però ordinato l’attacco prima del previsto.

L’impostazione originaria da popolare orgogliosa della propria indipendenza è inoltre ancora molto forte nell’istituto guidato da Mario Alberto Pedranzini. Un banchiere che è stato per decenni la spalla di Melazzini nelle veste di direttore generale.

Ecco perché Pedranzini non ha nascosto di aver accolto con “stupore” l’Offerta pubblica di scambio sferrata da Bper, una proposta che non era stata per nulla concordata.

L’amministratore delegato di Popolare Sondrio, in una lettera inviata alla base dell’istituto, ha quindi rimarcato che il board si riunirà per esaminare e valutare la proposta allo scopo di tutelare gli interessi di tutti gli stakeholder, a partire proprio da azionisti e i dipendenti.  In sostanza, come minimo, nessun esubero e nessuna chiusura di filiali.

Melazzini, che usava parlare al mercato una sola volta all’anno durante l’assemblea dei soci chiamata ad approvare del bilancio e si dispiaceva quando non raggiungeva l’unanimità dei consensi, amava ricordare come non fosse fondamentale essere una “banca grande” ma restare una “grande banca”.

Cioè essere un gruppo sano e solido, capace di fare utili e di restituire attenzione al territorio in termini di finanziamenti e di occupazione.

All’epoca l’assemblea della Banca Popolare di Sondrio era una grande festa popolare: migliaia di soci e dipendenti raggiungevano il palazzetto del Pentagono di Bormio a bordo di decine di pullman o delle proprie vetture. A lavori finiti, nel tardo pomeriggio, invadevano i ristoranti e gli alberghi in ogni “reparto” del paese per un pranzo sociale a base di pizzoccheri e sciatt.

Le signore presenti all’assemblea lasciavano la sala del Pentagono con un omaggio floreale, attingendo dai vasi che circondavano il palco e il tavolo del cda.

Tutti i soci si allontanavano con un piccolo ricordo, per esempio una stampa a soggetto montano scelta  da quella che era orgogliosa di essere “La banca al centro delle Alpi”.

Un istituto che non ha mai fatto alcuna acquisizione per crescere. Solo progressive aperture di filiali sul territorio, sovente dopo averlo saggiato avviando in avanscoperta un ufficio di rappresentanza.

E’ trascorso circa un decennio dalla scomparsa di Melazzini, ma l’effetto è stato pari a quello di un’era glaciale.

Vedremo se Pedranzini troverà il modo di difendere l’indipendenza dell’unica banca che resta alla città di Sondrio dopo il passaggio dell’ex Credito Vatellinese al Credit Agricole.

Non sarà per nulla facile. Bper, che già ha ingoiato Carige in una operazione salvataggio, conta di completare l’acquisto e l’integrazione di Popolare Sondrio entro la fine di quest’anno.