Fallisce la Cassa Peota di Tombolo persi quasi un milione di risparmi

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Ennio Doris, presidente e fondatore di Banca Mediolanum, dovunque sia, da lassù, starà guardando alla sua Tombolo in maniera preoccupata. Lui, paladino dei risparmi e dei risparmiatori, avrebbe fatto di tutto pur di evitarlo. Eppure, proprio a due passi da casa sua si è consumato un altro episodio di risparmio mal gestito o, peggio ancora, truffato. E’ la dimostrazione che dove pure c’era e c’è tanta attenzione agli investimenti, tanta scuola, tanti valori, anche in posti così ci sono mele marce.

I fatti

Quasi un milione di risparmi perduti. Ancora pessime storie da raccontare. Ma stavolta gli organi di controllo finanziari del nostro Paese dovrebbero passarsi la classica mano sulla coscienza. Un milione di risparmi, duecento famiglie e una gestione finanziaria che ha origini nella storia lontana della Repubblica Serenissima.

Ma, ai tempi di  MIFID, di CONSOB, di Banca d’Italia, è possibile che esistano ancora strutture finanziarie che, seppur registrate in un apposito elenco si fa fatica a controllare?

Sto parlando di un vecchio modo di fare finanza ed assistenza: la Cassa Peota. E’ un’invenzione tutta veneziana. Si tratta dell’antesignano degli attuali fondi d’investimento. Le prime Casse Peota, addirittura, potevano rappresentare dei veri e propri fondi tematici, specializzati in materie prime. Ma di cosa stiamo parlando? Quando le navi mercantili partivano per i loro viaggi, alcuni signorotti affidavano al comandante, il Peota appunto, una cassa di denaro che lui avrebbe dovuto utilizzare (gestire) per acquistare spezie o preziosi, la cui vendita avrebbe poi permesso di ricavare margini di guadagno ai sottoscrittori del progetto.

Naturalmente, come per un fondo comune d’investimento moderno, gli utili venivano redistribuiti in proporzione alle quote versate. Le Casse Peota, nel tempo, si sono trasformate ulteriormente in associazioni organizzate senza fine di lucro e radicate sul territorio (soprattutto in Veneto) dove raccolgono piccoli risparmi spontanei dai propri associati con i quali concedono prestiti per fini sociali e solidaristici. 

Le Casse Peota sono iscritte in una sezione dell’elenco del TUBC (Testo Unico delle leggi in materia Bancaria e Creditizia) presso l’UIC (Ufficio Italiano Cambi) e devono rispettare le direttive del CICR (Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio). Ma, è evidente, che i controlli come nel caso dell’ultimo episodio che vi stiamo raccontando, non sono sufficienti a scongiurare perdite come quelle generate dalla Cassa Peota di Onara, piccola frazione di Tombolo. Proprio a due passi da casa di Doris.

La faccenda è esplosa due anni fa, ma è proprio in questi ultimi giorni che, tra denunce ed inchieste, si sta cercando di far luce sul perchè quei soldi siano spariti. Si tratta di vera truffa o di cattiva gestione? Le due cose, a volte, si sovrappongono.

Magari si fanno prestiti più ingenti con assunzioni di rischi di rientro più importanti, e così capita che il gestore provi a fare scelte d’investimento più rischiose nel tentativo di recuperare soldi. Insomma, pratiche che meriterebbero professionlità diverse, competenze e reponsabilità maggiori, si ritrovano affidate a chi tali competenze e responsabilità non sempre è in grado di sostenere. Le Casse Peota sono un retaggio del passato.

Probabilmente hanno permesso a tanti di usufruire di denaro e di accantonarlo. Tuttavia oggi rappresentano un anacronismo inaccettabile. Forse bisognerebbe abituarsi ad accettare i cambiamenti e a compendere che non sempre qualcosa che andava bene ieri possa essere ideale anche per oggi.

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