Economia

Gli scatti pubblicitari che rendono bigotti

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Un’onda di sdegno e di odio, causata dalla nuova campagna di Valentino che ritrae un uomo nudo con la borsa, ha increspato il mare magnum del web: pare sia inaccettabile e offensiva l’estetica no gender del modello Michael Bailey-Gates che spazza via in un autoscatto stereotipi logori.

Una foto ritenuta da molti disgustosa, non adatta ai bambini, una foto stigmatizzata con forza come, purtroppo, non è avvenuto per le molteplici campagne pubblicitarie che, nel corso degli anni, si sono susseguite con modelli muscolosi, in pose sessualmente esplicite ai danni di modelle sottomesse. Davanti a tali differenti reazioni se ne deduce che la nostra società, purtroppo, accetta ancora l’uomo macho e violento ma non l’uomo che esprime dolcezza attraverso uno sguardo limpido e diretto.

Nel 1979 l’ONU adottò la Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne, indicata come la carta internazionale dei diritti per le donne contenente le linee guida da seguire a livello nazionale per contrastare le discriminazioni.

Dalla ratifica italiana, avvenuta nel 1985, l’interesse e la presa di coscienza di questo accordo sono stati insoddisfacenti e nel suo trentesimo anniversario si era costituita in Italia una Piattaforma nazionale, denominata “30 anni di CEDAW: Lavori in corsa”, con l’intento di gettare un ponte fra istituzioni e società riunendo associazioni e donne impegnate nella promozione dei diritti al femminile.

In occasione del sesto rapporto periodico del Governo italiano al Comitato ONU, la Piattaforma aveva promosso un Rapporto Ombra per sottolineare gli aspetti critici presenti nel sistema di tutela, dove si evidenziava come in Italia non vi fosse stato alcuno sforzo teso a modificare l’immagine stereotipata delle donne nei mass media, in particolare si leggeva dell’“impossibilità di evitare anche ai bambini più piccoli di potersi sottrarre a immagini pubblicitarie soft porno presenti in ogni ambiente della sfera pubblica, con riferimento ai mass media in ogni loro genere, formato ed in ogni luogo”.

Continua a persistere la scarsa fantasia di certi creativi che con l’immagine femminile sensuale, ai limiti della pornografia, sanno di andare a colpo sicuro. L’assuefazione ha danneggiato la nostra capacità di lettura, gli stereotipi non vengono più colti assistendo a una costante rimozione. La pubblicità è lo specchio di un sistema e ogni Nazione ha la pubblicità che si merita: ci sono campagne stampa di multinazionali che sono create esclusivamente per l’Italia, differenti da quelle di altri Paesi definiti più civilizzati.

La caduta di tutte le barriere, di ogni senso del limite ha condotto ad un’accettazione rassegnata, ad una sorta di addormentamento collettivo delle coscienze. La pubblicità stradale è un mezzo d’informazione obbligatoria, alla quale si è coartati a sottostare. La televisione si può spegnere, una rivista si può non acquistare ma la cartellonistica invade strade ed è visibile a tutti, adulti e bambini, spesso con i timbri di autorizzazione all’affissione da parte della Pubblica Amministrazione.

Come Sindaco e come donna non sono mai venuta meno al mio impegno, con i mezzi a disposizione, al fine di contrastare questa forma di violenza sociale e la Città che amministro è fra i 17 Comuni italiani che hanno adottato il Protocollo d’Intesa siglato da ANCI (Associazioni e Nazionale Comuni Italiani) e IAP (Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria) al fine di adeguare i Regolamenti di pubblicità locale e i Regolamenti per l’occupazione di spazi pubblici a tutela dell’immagine della donna e dei minori.

 

Il futuro della donna, ma anche dell’uomo, è da ricercare nella libertà di percorrere la strada più congeniale per sé, senza sentirsi a seconda della scelta compiuta inadeguata agli occhi della società. Percependosi in difetto in quanto non aderisce a modelli che nascono già logori poiché cercano di ingabbiarla.

La scrittrice Simone de Beauvoir affermava che donne non si nasce, si diventa e indicava la via da percorrere per attuare questa trasformazione: demolire le categorie uomo-donna per accedere al neutro. Sarebbe, quindi, auspicabile un futuro privo di steccati, ghetti e quote rosa e, soprattutto, libero.

Ma ancora oggi la donna continua, nel timore di essere considerata una madre inadeguata, ad abbandonare ogni aspirazione professionale e, al contempo, colei che non ha figli viene considerata fallita o incompleta. Difficilmente la donna smetterà di occuparsi di quello che il sociologo Pierre Bourdieu definiva il “capitale simbolico della famiglia”: l’insieme di attività destinate a celebrare i legami di parentela e a mantenere i rapporti sociali del nucleo familiare.

Difficilmente l’uomo alleggerirà la donna dal fardello del lavoro domestico che, non avendo equivalente monetario, viene sistematicamente svalutato dalla nostra società. Tuttavia, fino a pochi decenni anni fa, il principale ostacolo alla suddivisione delle incombenze domestiche era rappresentato proprio nel percepire i lavori di casa disdicevoli per gli uomini e la donna stessa si sentiva sminuita al fianco di un marito che stendeva i panni.

La scrittrice Virginia Woolf  evidenziava lo sforzo disperato che l’uomo doveva compiere per essere costantemente all’altezza dell’idea infantile che ogni donna aveva del maschio, inteso come un eroico principe azzurro.

 

Ilaria Caprioglio

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