Economia

La corsa al titolo vincente del 2022

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Settembre andiamo, è tempo di migrare scriveva un poeta molto “battagliero” (e non ne scrivo il nome, in modo che i lettori più giovani, che non hanno avuto la gioia di imparare le sue poesie a memoria, lo scoprano cercando su Google). Gennaio andiamo, è tempo di prevedere, è il motto invece degli asset manager, che con il cominciare dell’anno iniziano i loro Road Show digitali, ove vengono fatte ipotesi su come andrà il 2022.

Alcuni eventi sono sicuramente molto interessanti, con analisti che offrono davvero valore aggiunto per il consulente. Quello che li contraddistingue tutti, però, è il tentativo di interpretare il futuro, di fare una stima sulla chiusura dello S&P500 al 31 dicembre 2022 oppure di quanto crescerà il PIL mondiale e così via.

È però difficile fare previsioni, soprattutto sul futuro, diceva il fisico premio Nobel Niels Bohr. Eppure, l’uomo a suo modo ci ha sempre provato. I Greci e gli Etruschi erano famosi per l’estispicina, pratica divinatoria che consiste nell’analisi delle interiora degli animali sacrificati. Famose sono anche le profezie di Nostradamus, che un noto fumetto immaginò derivare da un suo viaggio nel tempo durante il quale rubò alcune pagine dei libri presenti nella biblioteca del professor Zapotec.

Il punto è che, come abbiamo visto con l’inflazione, prevista per molti anni al 2% da parte della BCE e che poi si è rivelata sempre inferiore, molte delle ipotesi sul futuro prossimo dell’economia e dei mercati non si avvereranno. Il mondo è sempre più complesso, variegato ed in rapida evoluzione, e tutto questo le rende quasi impossibili. Inoltre, il famoso “cigno nero” di Taleb è sempre in agguato, facendo diventare obsolete in pochi mesi anche le più accurate.

Chi avesse fatto previsioni sul 2020 a fine 2019, trovandosi in un mondo relativamente tranquillo e con tassi di interesse bassi, non poteva che essere ottimista (e ricordo bene una SGR che all’epoca si espose molto su questo punto). Però il Covid in poche settimane ha sconvolto le economie mondiali. Ma allora perché ci si impegna ogni anno nel difficile compito di fare previsioni e sono così pochi i CIO che alla fine dell’anno dimostrano l’onestà intellettuale di fare un check su cosa hanno indovinato e cosa invece hanno sonoramente sbagliato?

Farle forse non è perfettamente razionale, ma tutto sommato può essere ragionevole. Per molti di noi è dura ammettere serenamente che non sappiamo cosa ci riserverà il futuro. L’immaginare il futuro inoltre fa parte della natura umana e nella storia evolutiva dell’uomo la ricerca delle cause di eventi naturali, dannosi o benefici, ai fini della loro predicibilità, sta alla base dello sviluppo culturale. 

Però aiuterebbe forse di più il ricordarsi che la finanza funziona al contrario rispetto alle previsioni del tempo. Lì, più si ragiona in tempi ravvicinati, più ci si azzecca. Nel mondo degli investimenti invece, più si allunga l’orizzonte temporale, più il nostro portafoglio azionario prende beneficio dall’innovazione tecnologica, crescita del PIL e così via rendendo maggiormente probabile la sua crescita.

Bisogna poi avere la consapevolezza (e questo a molti sembrerà banale) che oltre il 90% della performance del nostro portafoglio deriva dall’asset allocation strategica e che gran parte dell’attenzione dovrebbe essere incentrata su una sua costruzione “robusta”, più che sull’immaginare il futuro. Poi, se vogliamo esercitarci in previsioni, facciamo pure. L’anno venturo, come al solito, ci sorprenderà.

Alessio Benaglio, 12 febbraio 2022

 

 

 

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