Recovery Plan: basteranno all’Italia 238 miliardi di euro?

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Il rapporto debito pubblico/Pil italiano, nel 2021, sembra destinato a salire al nuovo record massimo del 159,3%, con un aumento di circa 25 punti percentuali dal 2019. Al di là del Covid, la questione chiave che frena una riduzione più significativa del debito pubblico rimane la bassa crescita del PIL nominale, che ha registrato in media solo un +2% annuo nei due decenni precedenti lo shock da Covid-19.

È una vera e propria voragine quella aperta nei conti pubblici, non solo dell’Italia, ma anche delle principali economie europee le quali, attraverso l’emissione di nuovo debito pubblico, tentano di impedire una contrazione più dura dell’economia e una maggior perdita di posti di lavoro.

 

I sostegni finanziari ed il calo delle entrate hanno fatto aumentare i deficit e i debiti a livelli senza precedenti.

L’UE risponde con il Programma NGEU 

La pandemia, e la conseguente crisi economica, hanno spinto l’UE a formulare una risposta coordinata a livello sia congiunturale, con la sospensione del Patto di Stabilità e ingenti pacchetti di sostegno all’economia adottati dai singoli Stati membri, sia strutturale, in particolare con il lancio a luglio 2020 del programma Next Generation EU (NGEU).

Il Programma segna un cambiamento epocale per l’UE: la quantità di risorse messe in campo per rilanciare la crescita, gli investimenti e le riforme, infatti, ammonta a 750 miliardi di euro, dei quali oltre la metà, 390 miliardi, è costituita da sovvenzioni.

È un’azione di portata e ambizione inedite, che prevede investimenti e riforme per:

  • accelerare la transizione ecologica e digitale;
  • migliorare la formazione delle lavoratrici e dei lavoratori;
  • conseguire una maggiore equità di genere, territoriale e generazionale;

 

L’iniziativa NGEU canalizza notevoli risorse verso Paesi quali l’Italia che, pur caratterizzati da livelli di reddito pro capite in linea con la media UE, soffrono di bassa crescita economica ed elevata disoccupazione.

Spostando il focus sul Nostro paese, ritengo ci siano doverose analisi e considerazioni da fare.

L’Italia è la prima beneficiaria, in valore assoluto, dei due principali strumenti del NGEU: il Dispositivo per la Ripresa e Resilienza (RRF) e il Pacchetto di Assistenza alla Ripresa per la Coesione e i Territori d’Europa (REACT-EU). Il solo RRF garantisce risorse per 191,5 miliardi di euro, da impiegare nel periodo 2021- 2026, delle quali 68,9 miliardi sono sovvenzioni a fondo perduto.

L’attenzione degli osservatori è, a buon ragione, focalizzata sulla nostra politica economica e sulla sua capacità di utilizzare al meglio l’opportunità offerta dal Programma europeo NGEU.

L’Italia deve modernizzare la sua pubblica amministrazione, rafforzare il suo sistema produttivo e intensificare gli sforzi nel contrasto alla povertà, all’esclusione sociale e alle disuguaglianze.

Il governo, infatti, intende utilizzare appieno la propria capacità di finanziamento tramite i prestiti della RRF, che per il nostro Paese è stimata in 122,6 miliardi.

Il NGEU può essere l’occasione per riprendere un percorso di crescita economica sostenibile e duraturo rimuovendo gli ostacoli che hanno bloccato la crescita italiana negli ultimi decenni. Il Governo italiano, infatti, intende aggiornare le strategie nazionali in tema di sviluppo e mobilità sostenibile; ambiente e clima; idrogeno; automotive; filiera della salute.

Queste nuove sovvenzioni, quindi, dovranno necessariamente essere investite per generare ricchezza all’interno del nostro paese; ricchezza che produrrà un conseguente aumento delle entrate fiscali che, a loro volta, è auspicabile contribuiscano a risanare il debito pubblico.

 

Il Dispositivo RRF: le missioni del piano

Il dispositivo RRF richiede agli Stati membri di presentare un pacchetto di investimenti e riforme: il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

Le Missioni del Piano sono:

  • digitalizzazione;
  • innovazione;
  • competitività;
  • cultura e turismo;
  • rivoluzione verde e transizione ecologica;
  • infrastrutture per una mobilità sostenibile;
  • istruzione e ricerca;
  • inclusione e coesione;

 

Il nostro Governo, nello specifico, intende attuare altre quattro importanti riforme di contesto – pubblica amministrazione, giustizia, semplificazione della legislazione e promozione della concorrenza.

Il Governo stima che gli investimenti previsti nel Piano avranno un impatto significativo sulle principali variabili macroeconomiche. Nel 2026, l’anno di conclusione del Piano, il prodotto interno lordo sarà di 3,6 punti percentuali più alto rispetto all’andamento tendenziale. Nell’ultimo triennio dell’orizzonte temporale (2024-2026), l’occupazione sarà più alta di 3,2 punti percentuali.

Gli investimenti previsti nel Piano porteranno inoltre a miglioramenti marcati negli indicatori che misurano i divari regionali, l’occupazione femminile e l’occupazione giovanile. Il programma di riforme ad hoc del nostro governo, inoltre, potrà ulteriormente accrescere questi impatti.

Quello delle infrastrutture, a mio avviso, è un settore cui andrebbe data alta priorità, soprattutto per ridurre i divari regionali. L’autostrada Salerno-Reggio Calabria (così come l’infrastruttura ferroviaria nella stessa tratta), ne è l’esempio principe: terminare -dopo innumerevoli anni di lavori- quel tratto autostradale significherebbe aprire (o meglio, rendere materialmente accessibile) il profondo sud della nostra penisola a nuove possibilità di investimento e, quindi, di sviluppo economico ed occupazionale.

I fondi del NGEU possono realmente permettere al nostro Paese di rilanciare gli investimenti e far crescere l’occupazione, anche per riprendere il processo di convergenza verso i Paesi più ricchi dell’UE.

Con queste riforme in campo la crescita dell’Italia è legata, quindi, non solo all’arrivo dei miliardi del Piano Europeo, ma alla capacità del sistema Paese di far fronte al rinnovamento, assieme ai necessari interventi sul piano fiscale, amministrativo, della giustizia, mettendo in campo tutte le migliori capacità per rimuovere gli ostacoli che possono rallentare la ripresa.

Investire strategicamente, insomma, per ammodernare il nostro paese e renderlo nuovamente competitivo nello scenario europeo.

 

Il rapporto tra debito pubblico e politica

Il debito pubblico, ormai è chiaro, si risolve con l’azione politica e, con il primo ministro Mario Draghi (personalità degna di ampia fiducia da parte dell’Europa) che supervisiona l’attuazione del piano di rilancio di 238 miliardi di euro, potrebbe esserci un rinnovato slancio per affrontare la lunga mancanza di crescita economica dell’Italia e, a sua volta, il suo eccessivo carico di debito pubblico.

La combinazione dell’assunzione della carica di Primo Ministro da parte di Mario Draghi e il dividendo di crescita atteso dalla riuscita attuazione del piano di rilancio dell’Italia, il recovery plan, da – ripeto- 238 miliardi di euro, potrebbe rappresentare un importante punto di svolta e giustificare un miglioramento delle aspettative di crescita del PIL italiano.

La figura di Mario Draghi in veste di Primo Ministro ha ridato credibilità alla nostra classe politica agli occhi dell’Europa e la mia speranza è che il suo governo possa durare a lungo. Come dimenticare, del resto, il carisma e l’expertise che ha dimostrato di avere durante la sua carica di Presidente della BCE. L’Italia deve combinare immaginazione, capacità progettuale e concretezza, per consegnare alle prossime generazioni un Paese più moderno, all’interno di un’Europa più forte e solidale.

La posta in gioco è alta, qualsiasi allentamento della politica di bilancio che non riesca a promuovere le prospettive di crescita a lungo termine porterebbe a un aumento dell’onere del debito, il che sicuramente allerterebbe investitori e agenzie di rating.

 

 

Vito Ferito

 

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