L’interruttore normativo per riaccendere l’energia nucleare in Italia è contenuto in un provvedimento di legge composto da quattro articoli. L’impianto, annunciato dal ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, sarà sul tavolo del consiglio dei ministri quanto prima.
La produzione di energia elettrica sarà basata sui mini reattori nucleari modulari di ultima generazione, quelli che tecnici e ingegneri identificano con gli acronimi Smr (Small Modular Reactor) e Amr (Advanced Modular Reactor). L’obiettivo del governo è anche quello di integrare l’atomo e le rinnovabili nel percorso verso la riduzione delle emissioni imposto da Bruxelles.
Malgrado le illusioni dei gretini è infatti noto che eolico e fotovoltaico sono da soli largamente insufficienti a soddisfare il nostro fabbisogno nazionale. In parallelo è inoltre previsto il definitivo smantellamento delle vecchie centrali nucleari inattive sul territorio nazionale così da superare, anche dal punto di vista emotivo dell’opinione pubblica, il referendum che nel 1987 costrinse il Paese a dire addio all’atomo in questi cinqunt’anni.
Sempre per garantire la sicurezza ai cittadini, nascerà inoltre una specifica Autorithy preposta alla Sicurezza Nucleare. La nuova realtà, che potrebbe vedere le sue basi nel già esistente Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione, avrà infatti compiti sia di Vigilanza sul settore sia di approvazione dei cantieri per la costruzioni dei mini reattori.
L’Autorità di Sicurezza Nucleare affiancherà all’attuale Authority per l’Energia e in senso lato ad altri vigilantes già al lavoro: stiamo parlando di Bankitalia per il sistema del credito, della Consob per la Borsa, dell’Antitrust per la concorrenza e dell’Ivass per il settore assicurativi.
Gli esperti stimano che entro 2050 il nostro Paese potrebbe ricavare dall’atomo abbastanza per coprire fino a circa un quinto della domanda elettrica nazionale installando 16 Gigawattora. Naturalmente se tutto filerà liscio, quindi finti ambientalisti e talebani di eolico e fotovoltaico permettendo. Qui le anticipazioni sui piani energetici del governo.
Bisognerà tuttavia fare i conti – oltre che con i vincoli ambientali e i tempi persi della burocrazia – con il classico atteggiamento “non nel mio cortile”. E’ il preconcetto diffuso che porta molti ad accettare il nucleare solo a condizione che gli impianti sorgano da un’altra parte rispetto a dove viviamo o andiamo il vacanza. Un atteggiamento parente di quello che, a titolo di esempio, aveva condotto alcuni a Piombino a lottare contro il rigassificatore.
Di certo gli imprenditori sono pronti. A schierarle per il ritorno all’atomo è stato il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini. L’imprenditore, ben sapendo dei problemi di consenso di sindaci e politici locali, ha infatti candidato i siti delle aziende ad ospitare i mini reattori così da fare una comunità energetica.
D’altronde il problema del caro energia è già di per se gravoso: 142 euro al megawattora il prezzo medio attuale contro i 100 di un anno fa, aveva denunciato lo stesso Orsini sui social. Ma sommato ai dazi che metterà Trump diventerebbe probabilmente mortale per il made in Italy dal punto di vista della competitività.
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L’Italia lavora alla nuova fissione nucleare con la joint venture Enel-Leonardo-Ansaldo e con l’ex start up Newcleo che è all’avanguardia proprio sui mini reattori. Eni invece conta di centrare l’ambizioso obiettivo della fusione nucleare, che apre al sogno di una energia pulita idealmente inesauribile come avviene da sempre nel Sole, insieme allo statunitense Mit, il celebre Massachusetts Institute of Technology. Auspicabile inoltre un fitto coordinamento in sede europea per calmierare i costi.