Il governo spinge all’angolo Stellantis: “Venga in tv a dirci il futuro degli stabilimenti in Italia”

Urso: “Cerchiamo un secondo produttore, obiettivo 1 milione di auto. Fca-Psa? Non è stato un matrimonio alla pari”

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il ministro Urso e Carlos Tavares

Il governo spinge all’angolo Stellantis. Il ministro Adolfo Urso propone all’amministratore delegato Carlos Tavares un confronto televisivo per sapere quali siano i piani di investimento del gruppo automobilistico in Italia.

La sfida segue il progetto dell’esecutivo di ritornare a un milione di auto prodotte in Italia e le polemiche con Giorgia Meloni sugli attacchi sferrati da la Repubblica, quotidiano del gruppo Gedi che fa capo alla famiglia Agnelli attraverso Exor così come Stellantis.

Il ministro delle Imprese e del Made in Italy va oltre, specifica di voler creare le condizioni affinché si insedi in Italia un secondo produttore. Perché, aggiunge sornione a “L’Aria che Tira” su La7, “la concorrenza fa bene”. Non solo, Urso rileva come quella tra Fca e Psa “non sia stata una fusione paritetica”.  Un modo elegante per far capire che gli Agnelli avrebbero di fatto venduto la prima impresa del Paese.

E’ una freccia avvelenata diretta a Stellantis, che da anni ha sede fiscale e legale all’estero. Non solo, il gruppo ha lo Stato francese tra i suoi azionisti con una quota prossima al 6%, una sorta di “garanzia politica” sulla centralità degli impianti d’Oltralpe. E, quando il governo Draghi pensò di controbilanciare il peso schierando Cassa depositi e Prestiti, cioè il braccio finanziario del Tesoro, ricevette una porta in faccia da Tavares.

Con un abile gioco diplomatico Urso nega invece ogni di scontro con John Elkann, principale erede dell’Avvocato e presidente di Stellantis. Rimarcando come l’obiettivo del governo sia produrre di più in Italia, secondo uno schema semplice: se Fiat vuole continuare a ricevere bonus e aiuti (per esempio alla rottamazione), deve fare la sua parte sul fronte degli impianti e dell’occupazione.

Da qui è un balletto di numeri tra i due contendenti. Da una  parte si calcola la vecchia Fiat ha infatti ricevuto 220 miliardi dallo Repubblica Italiana solo tra il 1975 e il 2012. La stima considera i fondi per i prepensionamenti, le casse integrazioni, i piani di rottamazione per svecchiare il parco circolante e gli incentivi fiscali per realizzare gli impianti nel Mezzogiorno.

Dall’altra il Lingotto ha respinto gli attacchi, lasciando filtrare che:

  • lo scorso anno la produzione negli stabilimenti lungo la Penisola è aumentata del 9,6% a 752mila veicoli tra automobili, furgoni e camion.
  • più di sei veicoli su dieci prodotti in Italia (63%) sono stati esportati, alimentando così la nostra bilancia commerciale.

In particolare, dalle catene di montaggio di Mirafiori sono finiti su strada 85.000 veicoli (soprattutto Cinquecento elettrica, Maserati Levante), da Cassino 48.800 (alcuni modelli Alfa Romeo e la Maserati Grecale), da Pomigliano 215mila (Panda e Alfa Romeo Tonale), da Atessa 230mila (il Ducato e altri furgoni), da Melfi 170mila (sostanzialmente 500X e Jeep) e da Modena 1.250 super-sportive del Tridente. A cui si aggiunge la gigafactory prevista a Termoli.

Di certo c’è che mentre in Italia va in scena il teatrino, la Cina avanza sempre più sul mercato europeo e occupa gli spazi nei grandi saloni del settore disertati dai costruttori occidentali. Non per nulla un imprenditore come Elon Musk, che ha dimostrato di vedere molto lontano con Tesla e SpaceX, ha già detto che le auto del Dragone demoliranno le concorrenti.

Per approfondire leggi anche: la figuraccia di Stellantis che ha perso il primato delle vendite in Italia con il marchio Fiat dopo 96 anni  e il Ciaone di Stellantis a Pomigliano con la decisione di produrre la Panda elettrica in Serbia.

E se lo dice Musk, conviene credergli e fare qualcosa per fa diventare più competitiva tutta la nostra filiera dell’automotive, fornitori compresi. Altrimenti la Penisola sarà sempre più una sorta di “ridotto del lusso”, che siano le maison della Moda o la Ferrari fa poco differenza.

 

 

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