Non è ancora chiaro se si tratti di un problema di intelligenza artificiale, o di demenza artificiale. Fatto sta che in un Paese che vive di import ed export (perché la sua è un’industria di trasformazione) e che quindi deve contare su porti efficienti per non perdere il treno della competitività, i parametri, gli algoritmi e le formulette matematiche possono fare premio sul buon senso e trasformare il sistema doganale in un Carnevale (ci siamo vicini) di Viareggio.
Mi spiego meglio. In silenzio, senza decreti o circolari, ma solo con mosse geniali sulla scacchiera interna, le Dogane italiane decidono che necessitino di investimenti massicci e di continui rinforzi di personale, non gli uffici doganali attraverso i quali transita gran parte dell’interscambio commerciale del Paese, ma quegli Uffici che sovraintendono all’arrivo di migliaia di pacchetti di E-commerce o alle spesucce che i passeggeri delle navi da crociera effettuano durante la gita a terra.
E allora come raggiungere questo brillante risultato che nei prossimi mesi potrebbe bloccare i principali porti del Paese? Con una parola magica: declassamento.
Se attraverso la Liguria e i suoi porti transita più del 50% del totale delle merci in importazione ed esportazione, perché non declassare le Dogane dei tre porti, nonché la Direzione regionale ligure che svolgono un ruolo strategico per l’intera economia del Paese?
Declassamento significa non solo condizionarne da subito l’operatività, ma anche e specialmente condannare questi uffici doganali che producono e non drenano ricchezza per il Paese, a diventare fanalini di coda per quanto riguarda magnitudo di investimenti, assunzioni e sviluppo, e privilegiare altre Dogane che hanno funzioni prevalenti nei settori dei passeggeri e dell’e-commerce. Tanti pacchetti da attenzionare dimenticandosi che lo sbarco da intere navi e gli approvvigionamenti per l’industria, dipendono da Dogane che diventano improvvisamente di Serie B.
A far esplodere il caso è stata la Comunità portuale di La Spezia che, per voce di Bruno Pisano, uno degli operatori doganali più esperti del Paese, che ha lanciato un pressante appello affinchè gli organismi competenti e in primis la Direzione generale delle Dogane, ripensino da subito a un riforma interna che potrebbe sortire effetti a dir poco disastrosi sull’operatività dei porti di Genova, La Spezia e Savona-Vado, che più di ogni altro sono la porta di ingresso e di uscita dell’import export italiano.
Di certo si sa che la Direzione regionale ligure delle Dogane sarà retrocessa dalla prima alla quarta fascia, nella scala di importanza delle sedi doganali italiane. Savona oggi (come per altro gli altri porti liguri) precipita dalla prima alla terza fascia. La Spezia dalla prima alla seconda fascia, soppiantata in pole position da Pisa, Dogana che “vale” 80 milioni di Euro di diritti doganali contro il miliardo e 200 milioni del porto ligure”.
Uno vale uno, si tratti di un pacchetto o di una nave
Come detto, non si sa e all’origine di questa situazione quasi grottesca si collochi l’applicazione dilettantesca dell’intelligenza artificiale o più semplicemente il cambio dei parametri e degli algoritmi all’insegna dell’uno vale uno che tanto piace agli iper democratici. Ovvero l’operazione doganale che significa lo sbarco di un’intera nave e mette in campo milioni e milioni di valore e quindi di diritti doganali, vale come un astuccio con cinque matite oggetto di operazione doganale.
“Di parametri sbagliati – ha affermato Pisano – è piena la storia economica del Paese e dei danni prodotti dalla burocrazia. Come operatori con una spiccata specializzazione doganale invitiamo le Istituzioni a intervenire immediatamente e a non attendere il momento in cui gli investimenti in tecnologie, sviluppo, occupazione verranno dirottate dal sistema su Dogane non strategiche, bloccando i porti, incidendo in modo negativo sul gettito doganale, ma specialmente sulla competitività del sistema Paese”.
Sino a ieri il Paese doveva combattere contro la burocrazia, ora anche con la demenza artificiale…