Economia e LogisticaMare e porti

Porti PD filo-cinesi anche se il governo imbocca la Via del cotone

15 a 1 le nomine nei porti per la maggioranza quando al governo c’era il PD. E all’orizzonte si delineano nuovi guai con la super Agenzia portuale

15 a 1. Così un giornale online Etruria news ricorda l’ultima tornata di nomine per le presidenze delle Autorità di sistema portuale. Con il PD al governo all’opposizione andò a mala pena una carica, in una Autorità portuale che sembrava essere destinata al collasso e che quindi più che un presidenza esponeva un potenziale epitaffio. Altro che manuale Cencelli: i porti sono cosa nostra dal dopoguerra a oggi, un po’ perché con le Compagnie portuali (i cui organici continuano a salire) la sinistra ha sempre controllato il mercato del lavoro in banchina impedendo persino a cooperative diverse da quelle espresse da quelli che a Genova sono chiamati “camalli”. E quindi è cosa buona e giusta che anche un governo di centro destra consegni il ganglio strategico più importante della sua economia al PD.

Mentre trova conferma la notizia secondo cui nel tardo pomeriggio di lunedì altre cinque caselle di un puzzle sempre più rosso andranno a posto con la scelta di altrettanti presidenti, resterebbero ancora in stand by le due isole, ovvero l’Autorità di Palermo e quella che governa tutti i porti sardi.

Lo stesso sito on line parla di un accordo fra Lega e PD, con il partito di maggioranza relativa, ovvero Fratelli d’Italia posto nella scomoda posizione dei gomiti sul davanzale, ovvero, alla finestra.

Per altro le nomine si incrociano anche con due vicende ben più alte che chiamano in causa la riforma dei porti ed equilibri geopolitici del Paese..

Nei giorni scorsi il ministro Salvini ha annunciato che ormai i tempi di presentazione della riforma portuale sono imminenti e si sta quindi facendo strada l’ipotesi di una super authority, c’è chi dice sulla falsariga dell’Enav, ovvero nella forma di una Spa in parte quotata sia pure sotto il rigido controllo pubblico. Questa Authority, o Agenzia, o Spa dovrebbe assorbire una parte consistente dei poteri oggi in mano ai singoli presidenti di porti, come i piani regolatori, le nuove infrastrutture, ma anche le concessioni. Quali non si sa, visto che ogni anno vengono rilasciate dalle 10 alle 12.000 concessioni per uso di demanio marittimo; concessioni che riguardano i grandi terminal, ma sullo stesso piano, anche il chiosco per i gelati o le bibite fresche sul piazzale di imbarco sulle navi traghetto. Mentre cresce l’attesa per la formula magica, continua a farsi sempre più insistente la voce del possibile capo di questa super-Authority, per altro indicato da tutti come stretto “consigliere” del vice ministro Rixi, anche nella scelta dei presidenti. Si tratterebbe di Zeno D’Agostino, già presidente dell’ADSP di Trieste, passato a scadenza del secondo mandato in una società di engineering attiva nei porti. Zeno D’Agostino è stato l’unico presidente portuale a firmare direttamente con i cinesi l’accordo per la Via della seta, il mega progetto commerciale lanciato da Pechino per fagocitare porti, terminal in sud Est Asiatico ma anche in Mediterraneo (è già suo il Pireo) e metterli a disposizione della sua macchina commerciale e come accaduto a Djubuti, anche militare.

Quella firma provocò una reazione immediata da parte degli americani, che spedirono per due volte di seguito il loro Ambasciatore a Trieste, con un diktat che non ammetteva repliche: questo matrimonio non s’ha da fare e della via della seta che avrebbe incorporato anche il terminal petroliero di Trieste, di enorme importanza geo-strategica per gli Usa non si fece nulla. Testimone la stessa premier che in Cina (come riportato dal Corriere della sera) fece suonare nel luglio dell’anno scorso le campane a morto sul progetto commerciale di Pechino.

Ma paradossalmente (ed è questo il secondo elemento di novità) della Via della seta il governo italiano, guidato da Giorgia Meloni, non vuole certo tornare a parlare, la contrapposizione con le spinte filo-cinesi in Europa e ovviamente nella sinistra italiana è evidente e ogni giorno più forte. L’Italia vuole essere parte integrante della Via del cotone, ovvero del corridoio economico India-Medio Oriente-Europa (IMEC), di cui l’accordo di libero scambio UE-India, atteso per la fine del 2025 e il Piano Mattei sono parte integrante.  L’asse con l’India rafforzerebbe  la posizione dell’Italia all’interno dell’Unione Europea spostando il confine di gravitazione dei traffici dal Nord Europa al Mediterraneo. Con progetti ambiziosi fra cui spicca il cavo sottomarino Blue Raman, destinato a collegare Mumbai e Genova bypassando l’Egitto.
E ancora una volta considerando la palese contraddizione fra una super agenzia dei porti affidata a chi aveva sposato la Via della sete, con a fianco tanti scali affidati a guida PD, con la volontà del governo di rafforzare i suoi legami, oltre che con gli Stati Uniti, con l’India, tanti e forse troppi interrogativi vengono a galla in queste ore. Compreso la madre di tutte le battaglie: Ma la premier ne è al corrente?

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