Risparmi e investimenti

Investimenti: una questione di prospettiva

Estrano come una discesa, vista dal basso, somigli tanto a una salita”: la frase, ricca di verità e saggezza, è pronunciata da Pippo, il noto personaggio Disney, l’amico del brillante ma non sempre simpatico Topolino (un po’ troppo perfettino in effetti).

Ed è proprio così nella realtà: decenni di storia ci hanno abituati a considerare le obbligazioni come strumenti privi di rischio ai quali affidare la tutela e la crescita dei nostri risparmi, diversamente dalle azioni, da guardare con sospetto perché pericolose e con le quali non si guadagna anzi si mettono a rischio i propri averi.

Ovviamente – come ho spesso raccontato in tante edizioni della mia newsletter – un ruolo importante lo ha giocato l’esperienza tutta italiana  che – per  decenni – ha  consentito di  portare a  casa discreti guadagni con una volatilità tutto sommato contenuta e con rischi pressoché inesistenti (nessuno metteva in dubbio la capacità dell’Italia di onorare gli impegni).

Ma oggi non è più così: innanzitutto i rendimenti non sono quelli di qualche anno fa; nonostante il rialzo di questi giorni il ritorno sul Btp a 10 anni è di poco superiore all’1% (ben lontano dalle due cifre cui erano abituati i risparmiatori negli anni ottanta) e bisogna tener conto di un’inflazione che negli Usa ha toccato il 4,2% ma che anche in Europa inizia a riaffacciarsi; in Italia siamo all’1,1% e il calcolo è presto fatto.

E poi vogliamo ignorare che il debito Pubblico italiano ha toccato in questi giorni i 2.650 miliardi di euro? E che l’Italia nel 2021 avrà la più bassa natalità di sempre? (v. scorso numero della newsletter e le notizie di ieri: il vertice tra il Presidente del Consiglio Draghi e Papa Francesco proprio sul tema demografico).

 

La domanda scomoda

Due notizie fanno riflettere: la prima è che l’Italia nel 2022 sarà ancora sotto di circa 16 miliardi di Pil rispetto al periodo pre-Covid.

Dal 1996 al 2019 il nostro Paese ha viaggiato a ritmi più lenti del resto d’Europa e il suo peso specifico nell’Unione si è progressivamente ridotto: se nel 2001 il reddito pro-capite italiano era pari all’82,6% di quello tedesco nel 2019 era sceso al 67,9% e sarà al 66% nel 2022.

La seconda notizia è appunto la denatalità, se ne sono finalmente accorti a livello governativo: un Paese che non fa figli è destinato inevitabilmente al declino, demografico ed economico (e anche politico). In una società che invecchia al ritmo di quella italiana sarà una sfida non indifferente assicurare gli stessi livelli di welfare attuali.

La domanda è quella che io pongo da ormai 25 anni alle persone che incontro: “Chi pagherà le pensioni e la sanità se si assottiglia il numero di chi paga le tasse?”

Quindi, tornando a Pippo, se io continuo a guardare alle cose dalla stessa prospettiva otterrò sempre lo stesso risultato: se persisto nel pensare che le obbligazioni rendono più delle azioni (che mi fanno perdere soldi) sono allo stesso punto di sempre.

Se invece sposto il mio angolo di visuale e inizio a vedere le cose da un’altra prospettiva, forse il mio giudizio cambierà.

 

D’altronde, se sono disponibile a investire con questo orizzonte temporale, perché non posso pensare a investire in azioni? 

 

 

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