Il voto politico

Elezioni, il tramonto di Letta: lancia il congresso e non si ricandida

Dopo il fallimento elettorale delle politiche, Enrico Letta lascia la leadership del Pd: “Non mi ricandiderò”

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Dopo il silenzio assoluto nelle ore successive alle prime proiezioni, il segretario del Partito Democratico, Enrico Letta, ha preso la parola intorno alle 11 di questa mattina, proprio per cercare di offrire spiegazioni sulla débâcle elettorale dei dem. L’orientamento maggioritario della segretaria interna al movimento, infatti, era stata chiara: con un risultato inferiore al 20 per cento, dovrà essere necessariamente convocato un congresso. Ed è ciò che è stato fatto. Anzi, la stessa esponente di spicco del Pd, Debora Serracchiani, aveva già anticipato le parole di Letta durante la scorsa notte, ancor prima dell’intervento di stamattina, identificando una totale impotenza sul partito da parte dell’ex presidente del Consiglio.

La fine di Letta

Sarà proprio l’ex premier a non scomodare la segreteria: “Non mi ricandiderò”, ha affermato con delusione. “La mia leadership terminerà non appena ne sarà individuata un’altra”, ma le dimissioni non sono state ancora formalizzate, appunto: si aspetterà l’individuazione, da parte del congresso, del nuovo capo piddino. Tra i nomi che fremono ai boxe, tra tutti, c’è quello della Schlein e del governatore dell’Emilia Romagna, Bonaccini. Il congresso verrà convocato proprio dall’ex primo ministro, come da lui affermato, sottolineando come questa scelta sia stata fatta “per amore verso il partito”.

Ma il discorso di Letta non si è fondato su un mea culpa, per una campagna elettorale priva di contenuto – se non una proposta iniziale di patrimoniale, poi ritirata, ed il bus elettrico, fulminato dopo una violenta tempesta. La responsabilità è attribuibile solamente a due soggetti: Giuseppe Conte e Carlo Calenda.

Opposizione Pd

Per il primo, infatti, “se siamo arrivati al governo Meloni, è per via del fatto che il leader M5s ha fatto cadere Draghi”. Per il secondo, invece: “Quello di Azione è stato fuoco amico, come dimostra la candidatura di Calenda nel collegio di Emma Bonino, che ha finito per aiutare l’elezione della candidata di destra”. E ancora sul Terzo Polo: “I numeri dimostrano che l’unico modo per battere la destra era il campo largo: non è stato possibile non per nostra responsabilità”.

Sul futuro del Partito Democratico, seppur in assenza di una sua leadership dopo il congresso, Letta ha specificato che il movimento sarà pronto ad esercitare “un’opposizione dura e intransigente. La faremo con tutte le nostre forze. Siamo capaci: l’abbiamo già fatta e la rifaremo”. E su Giorgia Meloni: “Spero che il governo Meloni nasca nei tempi più rapidi possibili, c’è una legge di bilancio da fare. Siamo fortemente alternativi a questa destra, noi vigileremo e saremo determinanti e intransigenti nel nostro essere italiani dentro l’Europa”.

Insomma, Enrico Letta, seppur sotto velate parole, ha riconosciuto una sconfitta di massa della coalizione di centrosinistra, un fallimento cocente, dimostrato anche dai quasi diciotto punti percentuali di distacco dal centrodestra. Ormai, rimane solo il tramonto di una segreteria che non è mai esplosa e che, fin dall’inizio, ha dato l’idea di essere solo un tappabuchi temporaneo. Nel frattempo, il Pd si appresta a scegliere il quinto segretario nell’arco degli ultimi quattro anni.

Matteo Milanesi, 26 settembre 2022

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