Società

Eutanasia, risparmiateci la retorica dei “diritti civili” - Seconda parte

Il caso del suicidio assistito chiesto da anni da un paraplegico di nome Mario

Il tema è sempre quello dei diritti, che praticamente ci consentirebbero di fare sempre e tutto quel che ci passa per la testa e che i “dirittisti” del nostro tempo tendono ad espandere senza confini (e c’è già stato pure qualcuno che ha parlato di “diritti degli animali”: e, d’altronde, se la “dignità” viene ridotta alla “nuda vita” biologica e all’assenza di sofferenza fisica perché non estenderla anche ad essi?). Debbo però dire che a me che sono uomo di dubbio, che non ho certezze, e che sono persino disposto a seguire i ragionamenti di chi ha tanto sicurezze e così forti da volerle imporle agli altri attraverso le leggi dello Stato, ciò che urta più di tutto è la retorica progressiva o progressista, quella che ti porta a vedere il percorso che da Welby e Englaro arriva a Mario e poi porta ancora oltre come una linea retta fatta di sempre maggiori conquiste di libertà e diritti, come un ascendere de claritate in claritatum nonostante la presenza di forze “oscurantiste” sempre all’opera ma destinate a soccombere.

Esse infatti andrebbero, secondo questi “illuminati”, in direzione opposta al “senso della storia”, alla “direzione di marcia” già inscritta a caratteri cubitali e a cui sarebbe vano e stupido opporsi anche solo fermandosi un attimo a riflettere o a sollevare qualche dubbio. Di nuovo, è il determinismo che sorregge tutto l’impianto. C’è poi persino chi tutto questo lo chiama liberale perché appunto la meta finale sarebbe la libertà individuale, il fatto di non avere limiti nelle proprie scelte (con lo Stato che però la autocertifichi e se ne faccia mallevadore). Povertà dei tempi, o, se preferite, scarsità di pensiero dialettico e incapacità di comprendere che è solo nel limite che la libertà può darsi. Una vita assolutamente libera, cioè sciolta da vincoli, è libera sì, a ben vedere, ma solo di correre verso quell’assoluta mancanza di limiti che è appunto la morte.

Corrado Ocone, 25 novembre 2021

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