Secondo il noto disegno di legge, il nuovo reato di femminicidio punirà “chiunque cagiona la morte di una donna quando il fatto è commesso come atto di discriminazione o di odio verso la persona offesa in quanto donna o per reprimere l’esercizio dei suoi diritti o delle sue libertà o, comunque, l’espressione della sua personalità”.
“Chiunque” significa anche una donna?
Certo che sì. Dunque, se una donna ucciderà un’altra donna perché donna o per reprimerne la libertà o la personalità, commetterà femminicidio.
Il tutto nel nome di una proposta di legge – balorda per le ragioni già illustrate in un precedente articolo – che si prefiggeva di tutelare le donne dalle violenze maschili.
Paradossale? No, semplice eterogenesi dei fini di una norma scritta senza pensare alle implicazioni del linguaggio giuridico.
Il risultato è un cortocircuito ideologico: si annuncia un reato antipatriarcato, “di genere”, e si finisce con un reato che prescinde dal genere del reo, applicabile anche alle donne.
Un’iniziativa che, nello sforzo di essere epocale e simbolica, si dimentica di essere giuridica e sensata.
Giorgio Carta, 5 aprile 2025
Nicolaporro.it è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati (gratis).