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Fermi tutti, torna Rula Jebreal. E la spara abnorme su Elly Schlein

Rula Jebreal difende Elly Schlein

Ci son di quelle cose – servizi, alla lettera – che cominci a leggerli t’incazzi, poi arrivi in fondo e ti sorprendi a ridere anche di gusto, a crepapelle perché grondano umorismo involontario. La galassia Corriere intervista, siamo generosi, l’intellettuale, siamo garantisti, Rula Jebreal casualmente in occasione dell’uscita di un suo libro femminista e antifascista e già il titolo è tutto un programma, purissimo humour alla Woody Allen: “Rula Jebreal: già sento odio intorno a Elly Schlein: temo violenze contro il team della nuova leader del Pd”. Eh? Scusa? Maddai. You can’t be serious, come diceva McEnroe al giudice di sedia. Violenze al team? Che team? Le sardine? I centri sociali? Gli anarchici di Cospito?

Veramente, dal Pd c’è una fuga, un esodo biblico in ragione delle posizioni massimaliste, barricadere e dunque violente della leaderina piddina: ogni giorno qualcuno molla, tra lo schifato e il rassegnato; e la sequela di accuse, di attacchi sbracati, rozzi, cialtroneschi o aggressivi della compagna sardina coi suoi lacché si fa più imbarazzante per quelli che nel partito, diciamo, ci restano, a tracciare diciamo la linea sferica del quadrato prospettico, diciamo, sbiliguda blinda la supercazzola di fuoco fatuo, quintana, o setta. Ma per Rula è un dettaglio, anzi forse Elly bum bum è fin troppo moderata: a parlare è pur sempre parlando l’ultrasupercazzolara che accusa Meloni di voler bombardare i barconi con su i migranti. Quella che lascia credere che la medesima leader della destra stia in combutta col padre criminale e trafficante, morto da vent’anni e che non vedeva da trenta. Eh, i violenti.

Per approfondire

La sempre meno gnocca con sempre meno testa, come da apprezzamento travagliesco chez Santoro, per smentire di essere la solita radical chic tutta chiacchiere e distintivo si presenta in un primaverile abito Valentino (il servizio del Corriere pare una marchetta a Matrioska, una dentro l’altra che sviti, sviti e non vedi mai la fine, come diceva il brigatista Franceschini della Sfinge, Mario Moretti), dopodiché l’articolista col baffo senza paura del buffo naturale, passa a microrecensire il libro dell’ex terapista che messaggiava i potenti: “Un libro cristallino, pieno di orgoglio e anche di commozione”. Forse nel senso che uno si dispera e invoca il Padreterno, e, più che di commozione, si sente invaso dalla disperazione. Ma vi prego leggete, ne vale la pena, citiamo giusto un passaggio ma mitologico, epico, leggendario, di istantanea perennità letteraria: “la Rula pasionaria che nei talk show italiani fa rumore con accuse dirompenti beccandosi regolarmente critiche da destra di essere una radical chic che ha trasformato la sua bellezza in ricchezza e privilegio. «Niente affatto» risponde lei nella sua bella casa dell’Upper East Side di New York”. Senza coloranti né conservanti, giuro. Che uno pensa: no, non è possibile, you can’t be serious you too: tu vuoi farle male a questa. E invece no, è proprio convinto, chi scrive, è preda del daimon dell’agiografia militante: olé, un par de palle sulla Rula messaggera di pace, ma anche geostratega, antiputin, prozelensky, e magari Prozac per chi legge, e via, verso nuove avventure: “Non ce l’ho con Giorgia Meloni per partito preso”. No, no, infatti; neanche per partito perso, però. Insomma, pensa se questa ce l’aveva: minimo, predicava di bombardare donna Giorgia in pedalò con tutta la famiglia.

Ovviamente, nel luminoso, nel senso di Sendero, servizietto, nessun imbarazzo da cancellare, nessuna memoria delle frequentazioni antiche con l’ex dio clintoniano, oggi porco metoo Weinstein. “Voi giornalisti italiani stigmatizzate come infondata teoria cospirativa l’idea che dietro l’«ondata» dei migranti ci sia un disegno di sostituzione etnica, quando a formularla sono i trumpiani in America. Ma quando è Meloni a parlare di grande sostituzione, tacete”. Disse quella che “mi chiami giornalista, prego”. Quella che anche dell’informazione vol au vent ha fatto un mestiere per autonomina, e sarebbe vana fatica razzista ricordarle che se mai di sostituzione parlò il Meloni cognato, Lollo, trattandosi comunque di tema che preoccupa e allarma praticamente tutto il mondo. Upper East Side di New York esclusa, ça va sans dire.

Mah, sarà che Longanesi è tradizionalmente vicina alla galassia Corriera, De Bortoli presidente, Montanelli che ci pubblicò a lungo, eccetera. Vabbé, amo capito: all’ex ragazza la pensione va stretta, sta cercando, diciamo, di accreditarsi con la sardina in chief, nel segno diciamo di una convergenza estensibile, diciamo, delle esperienze, le risposte, i servizi che derivano dalla lunga frequentazione potentifera dalla parte della sostenibilità migrà e antifà dicià, cià cià cià. Dispiace un po’ che un professionista serio come Massimo Gaggi si presti a questo genere di operazioni tra il pubblicitario, il diplomatico e il militante, ma forse chissà hanno ragione loro e noi siamo i soliti pirla invecchiati a forza di ingenuità idealistiche. Però gli siamo grati, perché quando uno “intervista” Rula e riesce a scrivere che [ella] “di ritorno da Miami, dove tiene un corso universitario su propaganda e tecniche di persuasione, fa un’analisi penetrante di come le nuove leggi della Florida sulle guerre culturali ˗ poteri sui limiti dei programmi scolastici che passano dai professori ai genitori degli studenti e messa al bando di molti libri su razzismo, storia americana e sessualità ˗ vengono usate dal governatore Ron DeSantis come un esperimento. «Vuole vedere fin dove ci si può spingere con la censura, fin dove si può arrivare a lasciare nell’ignoranza un popolo che non conosce la sua storia. Al quale non viene più proposta la figura di Rosa Parks che con la sua protesta aprì l’era delle lotte contro la segregazione».”, si resta sinceramente affascinati: la supercazzola s’ammanta d’infinito, l’irritazione si stempera, fiorisce in ammirazione, in divertimento, in allegria che manco il vecchio Mike sul Cervino mentre la bufera lo spazzava via. Solo una cosa, poi però non si lamentassero se le big pharma stampate perdono emorragie di lettori, e non perdessero manco tempo a chiedersi il perchè.

Max Del Papa, 27 aprile 2023

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