Esteri

Gli Usa e la strategia militare: ora si mobilitano su tre direttive cruciali

Mentre in Italia si discute di Scurati, gli Stati Uniti gonfiano i muscoli. E votano lo stanziamento dei fondi per Israele, Taiwan e Ucraina

biden zelensky netanyahu © LightFieldStudios, skitzafrenic e Daboost tramite Canva.com

Mentre l’Italia continua a dividersi sul monologo di tale Antonio Scurati (personalmente non so neppure chi sia), e da sinistra non si perda occasione per agitare ad ogni ora del giorno e della notte lo spauracchio del fascismo (manco fossimo nel 1924), gli Stati Uniti gonfiano i muscoli (era ora) e votano un provvedimento che potrebbe rivelarsi decisivo per decidere le sorti dell’Occidente.

Nelle scorse ore, infatti, con una solidissima maggioranza, il congresso americano ha approvato (alla Camera) un pacchetto di aiuti militari da destinare agli alleati all’estero dell’ammontare complessivo di circa 95 miliardi di dollari. Nel dettaglio, la legge in questione prevede lo stanziamento di 61 miliardi di dollari per sostenere la causa ucraina, 26 miliardi per Israele e 8 miliardi per Taiwan.

Decisiva, ai fini dall’approvazione del provvedimento, è stata la forte presa di posizione di Mike Johnson, lo speaker dei repubblicani alla Camera, che, muovendosi in controtendenza rispetto alla linea dettata fino ad ora dal suo partito, ha deciso di portare la legge sugli aiuti al voto nella sua aula, sebbene con un testo diverso da quello approvato lo scorso febbraio in Senato. Poco cambia tuttavia in termini sostanziali, in quanto, il nuovo testo, votato lo scorso sabato alla Camera, prevede di fatto i medesimi importi di quello precedente, e non dovrebbe altresì trovare ulteriori ostacoli in Senato, dove sarà votato proprio nelle prossime ore.

Il deciso cambio di direzione di Johnson, dettato certamente da un forte senso di responsabilità dello speaker repubblicano, e probabilmente anche dallo stesso Donald Trump, la cui linea nei confronti dell’Ucraina si sta progressivamente ammorbidendo con l’approssimarsi della scadenza elettorale delle presidenziali (in programma a novembre), consentirà adesso al segretario alla Difesa Lloyd Austin di inviare agli alleati le forniture di armi che, secondo le previsioni Usa, dovrebbero raggiungere il campo di battaglia già nei prossimi giorni.

L’invio degli arsenali militari da parte degli Stati Uniti, vale la pena sottolinearlo, potrebbe ora giocare un ruolo fondamentale nell’economia dei conflitti, soprattutto di quello in terra ucraina, le cui sorti in queste ultime settimane apparivano già tragicamente segnate in favore della Russia di Vladimir Putin. Ma non solo. Perché la scelta del congresso americano assume una valenza ancor più ampia, che va ben al di là del semplice sostegno militare a Kiev.

Sulla testa dell’Occidente, ormai è chiaro, incombe una pesantissima scure rappresentata dal temibile asse Russia-Iran-Cina, un’alleanza in chiave dichiaratamente anti atlantica, che oggi non può non essere interpretata come una grave minaccia, non soltanto per ucraini e israeliani, ma per l’Occidente intero. Non a caso, gli sforzi americani si sono concentrati proprio sui tre baluardi occidentali oggi minacciati dalle potenze del blocco russo-sino-iraniano, il vero grande pericolo per il futuro dell’Europa e dell’Occidente nel suo complesso. Con buona pace di chi, in terra italica, vive ancora nel perenne complesso di un fascismo inesistente.

Salvatore Di Bartolo, 23 aprile 2024

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