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Greta, quando l’Ego adolescenziale diventa politica - Seconda parte

Può permettersi anche di non seguire le lezioni e in più ci fa la vittima: dovrei essere a scuola invece sono qui a sacrificarmi per l’umanità. Dicono i suoi fanatici a oltranza: poverina, è vittima di una manipolazione colossale e non se ne rende conto. Ma a sedici anni o te ne rendi conto o vai in manicomio, considerato che ti vanti di “vedere l’anidride carbonica depositarsi sui palazzi”. Greta, vogliamo dire, non induce alcuna solidarietà come non la induce la vittima che si presta al gioco losco; sempre più volonterosi della prima ora, d’altra parte, finiscono per detestarla: perché è detestabile, insopportabile nella sua presunzione di sedicenne sicuramente manipolata, ma che sa benissimo di essere manipolata.

Non si può sempre indulgere su tutto, specialmente con la testimonial della grande rapina al treno della modernità: dietro le trecce di Greta sta il rifiuto della ricerca, dell’analisi, della realtà, della verità a premio della spoliazione dei poveri, come sempre, col pretesto dell’etica urgente: cambiare il mondo è necessario, non c’è più tempo, ma bisogna fare dei sacrifici e li farete voi straccioni. O, come ha detto la incredibile ex ministro all’Ambiente del Canada, Christine Stewart: “Chi se ne importa se la scienza del riscaldamento globale è tutta falsa, è un’occasione unica per rifare il mondo più uguale e più giusto”. Tutto il gretismo, o gretinismo, sta qui: in una malefica propaganda postmarxista che tinge di verde il rosso antico, ciò che un filosofo conservatore come Ryszard Legutko ha spiegato benissimo. Ma Legutko è difficile, non lo legge nessuno, Greta è facilissima e la seguono tutti. Tranne Trump.

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