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I giudici smontano le autocertificazioni: “Incostituzionali”

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La libertà di movimento è ancora un valore garantito in Italia a giudicare dalla sentenza del tribunale di Milano che ha assolto un giovane di ventiquattro anni che durante il lockdown aveva sostenuto nell’autocertificazione di tornare a casa dal lavoro nonostante quel giorno non fosse di turno.

Il giovane è stato assolto dall’accusa di falso “perché il fatto non sussiste” ed è interessante leggere le motivazioni: “Un simile obbligo di riferire la verità non è previsto da alcuna norma di legge” e, anche se ci fosse, sarebbe “in palese contrasto con il diritto di difesa del singolo” previsto dalla Costituzione. De facto viene detto che l’obbligo di compilare l’autocertificazione cozza con i diritti sanciti dalla nostra Costituzione poiché: “È evidente come non sussista alcun obbligo giuridico, per il privato che si trovi sottoposto a controllo nelle circostanze indicate, di ‘dire la verità’ sui fatti oggetto dell’autodichiarazione sottoscritta, proprio perché non è rinvenibile nel sistema una norma giuridica”.

Ma non è tutto: secondo il giudice è anche incostituzionale sanzionare penalmente “le false dichiarazioni”. Una sentenza che arriva a pochi giorni da un pronunciamento analogo del tribunale di Reggio Emilia in cui era stata assolta una coppia che aveva esibito ai Carabinieri un’autocertificazione falsa. Secondo il Gip “il fatto non costituisce reato” poiché “ciascun imputato è stato ‘costretto’ a sottoscrivere un’autocertificazione incompatibile con lo stato di diritto del nostro Paese”.

Ciò significa che mentire nell’autocertificazione non costituisce un falso ideologico in atto pubblico poiché il Dpcm ha istituito l’obbligo di permanenza domiciliare che rappresenta una limitazione della libertà personale. Il Dpcm, secondo il Gip, costituisce una violazione dell’articolo 13 della Costituzione che afferma “la libertà personale è inviolabile”.

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