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I media italiani lo prendono in giro, ma Boris Johnson non è un fesso

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A distanza di tre anni si ripete lo schema Trump: schernire, ridicolizzare, deridere il neoeletto leader politico con l’obiettivo di sminuirlo, farlo passare per un incompetente, un miracolato della politica e un pericoloso demagogo populista che è riuscito a ingannare il popolo credulone. I mainstream e liberal media italiani lo avevano fatto con Donald Trump e ora ripropongono lo stesso disegno con Boris Johnson a cui auguriamo il medesimo successo di Trump (disoccupazione ai minimi storici, economia in forte crescita, importanti risultati in politica estera).

Johnson non è di certo il leader perfetto né il politico conservatore che tutti sogniamo: non è nuovo a gaffe, cadute di stile, burrascosi rapporti sentimentali e uno stile (non solo comunicativo) quantomeno bizzarro ed estroso. Ma non è nemmeno un leader “inadeguato” a cui mancano “la preparazione, la coerenza, l’affidabilità e la precisione” come scrive Beppe Severgnini in un editoriale sul Corriere della Sera. Accusare Johnson di impreparazione è bizzarro, basta leggere il suo curriculum che fa impallidire anche i politici italiani più competenti (parola cara a una certa area nel nostro paese). Dopo aver frequentato l’Eton College, scuola di eccellenza per l’élite inglese, si laurea a Oxford dove eccelle nelle materie letterarie distinguendosi per l’attività nelle associazioni studentesche e nei giornali universitari. Terminati gli studi, si afferma nel mondo del giornalismo scrivendo per alcuni dei principali quotidiani nazionali inglesi tra cui The Time e The Daily Telegraph prima di diventare direttore di The Spectator. La penna di Johnson è sopraffina e scrive una serie di libri tra cui una delle migliori biografie di Churchill in circolazione intitolata The Churchill Factor.

Allo stesso modo definire inaffidabile l’uomo che ha governato come sindaco la città di Londra per due mandati (a tutti gli effetti una città-stato per parafrasare Parag Khanna) promuovendo una serie di politiche che dovrebbero piacere anche ai più liberal (celebre la sua campagna sulla mobilità sostenibile e l’introduzione delle biciclette pubbliche in città), introducendo importanti riforme e gestendo le Olimpiadi in città nel 2012, appare paradossale.

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