I nuovi poteri forti. Come Google, Apple, Facebook e Amazon pensano per noi (Franklin Foer)

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Copertina i nuovi poteri forti

Una delle tesi fondamentali e più interessanti de I nuovi poteri forti. Come Google, Apple, Facebook e Amazon pensano per noi (Longanesi) è che queste aziende fenomenali, a differenza dei vecchi colossi del capitalismo, hanno la presunzione di venderti degli ideali. È interessante leggere questo libro perché, pur essendo del 2017, è perfettamente attuale. E, come Il cerchio di David Eggers, getta una luce critica nei confronti di questi beniamini del mercato.

L’autore Franklin Foer, giornalista e scrittore, ha il dente avvelenato. Come lui stesso ammette, fu fatto fuori da direttore di The New Repubblic da Chris Huges, uno dei primi dipendenti di Facebook. E la ferita gli brucia ancora. Foer non è certo uno di quei liberali che piacciono a noi. Al contrario, è uno di quei liberal che potrebbe ben descrivere Tom Wolfe in un salotto di Washington. Eppure nel suo libro ci sono molti spunti che val la pena cogliere. L’impatto del suo mondo con quello della Silicon Valley è micidiale. Unire la California dei figli dei fiori che hanno fatto i miliardi e indossano le t-shirt con i giornalisti dell’East Coast non deve essere semplice. Due mondi che si scontrano.

Eppure, come ricorda, nessuno di loro si scandalizzò quando Obama, il presidente che piace a tutti, fece una parte della sua campagna elettorale grazie all’aiuto personale dell’allora boss di Google che si trovava nel suo quartier generale la notte delle elezioni. Il libro è una grande storia in forma di saggio. Certo un po’ squilibrato sul lato comunicazione. Bezos è detestabile, secondo Foer, per la sua ipocrita democratizzazione del post. Ma in fondo è esattamente quanto facevano e pensavano, in modo altrettanto falso, i suoi precedenti possessori.

Si scandalizza Foer quando Bezos dice ai suoi nuovi dipendenti che il loro unico padrone «sono i lettori». Già sentita da queste parti montanelliane. Vabbè. Meno approfondite sono le sue pratiche commerciali sul resto, che hanno di fatto reso Amazon il più grande supermercato del mondo. Il libro val la pena leggerlo. Se non fosse che per il racconto di come è nata la mentalità della Silicon Valley: un impasto di idealismo, sessantottismo e tecnologia. La storia di Stewart Brand, il figlio dei fiori, da cui nasce tutto, è importante. «Anche se i monopoli della Silicon Valley – scrive l’ex direttore del New Republic – esistono per generare profitti, vedono se stessi come rivoluzionari che stanno tentando di innalzare il pianeta verso quello stato di unità che Brand ha inseguito tutta la vita».

Ma nel visionario Brand ci sono tratti libertari affascinanti, come quelli espressi in un articolo del ’72 su Rolling Stone: nella nostra comunity tecnologica, nella Silicon Valley «le regole non sono imposte tanto da decreti o norme, quanto dalle più rigide esigenze del possibile». Un concetto che su privacy e atteggiamento nei confronti delle regole del mercato sembra essere stato ben sviluppato.

Nicola Porro, Il Giornale 5 settembre 2021

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