Il Festival del riciclo: vi spiego che Sanremo sarà

Amadeus ha annunciato tutti i cantanti che saliranno sul palco dell’Ariston: poche le novità

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amadeus sanremo

Così come il Natale, anche Sanremo, quando arriva, arriva, purtroppo, inesorabilmente uguale a se stesso, incorreggibile nei suoi peccati: arroganza, falsità, presunzione, agenda woke. E le canzonette? Non si capisce a che serva la pletora di commissioni deputate a valutarle, quando poi tutto si risolve, implacabilmente, in un manuale Cencelli da manuale: “Ama”, diminutivo di Amadeus, il padreterno della situazione (il co-padreterno sarebbe “Ciuri”, diminutivo di Fiorello, insieme fanno la sacrà Binità e ci arriviamo tra poche righe), applica la ferrea legge dello spettacolo televisivo generalista, che tien conto degli sponsor, delle case discografiche, degli amici degli amici, dell’agenda 2030.

Poche sorprese per non dir nessuna, tutte conferme, ritorni, cantanti come suppellettili. Che possiamo distinguere come segue. C’è il gruppo vacanzieri, quelli dei tormentoni, che hanno avuto successo con filastrocche idiote di stampo gender del tipo “ho visto lei che bacia lui che bacia lui che bacia un cavallo, nanananana…”: ecco dunque Annalisa, che dopo una ventina d’anni ce l’ha fatta ad esser presa per popstar, ecco la figlia di Mango, ecco i Kolors, miracolati. “Poooi abbiamo”, come direbbe Adriano de Zan nella spettacolare imitazione di Gianfranco Butinar, i finti alternativi in svendita dal primo vagito: le Gazelle, i Sangiovanni, i Diodato e così via: robetta pompata come i nuovi Tenco o Bindi, che però ha bisogno, di tanto in tanto, di ripresentarsi all’Ariston altrimenti la carriera, appena cominciata, è già finita.

“Poooi abbiamo” la quota etno/genderfluid che va dal Mahmood (anche lui voleva solo soldi, soldi..) a Ghali a tal Big Mama, che non è una cantante di blues ma certa Marianna Mammone, e non Mammona, mi raccomando. “Poooi abbiamo” il segmento piattaforma, con una nutrita rappresentanza di facce da Spotify che al pubblico di vecchi, noi compresi, dirà niente ma magari ai mocciosi gretinetti chisssà: Geolier, Dargen D’Amico già riscaldato da un anno fa Sanremo), Fred De Palma (che si dibatte, poveretto, da 7 anni), La Sad, Il Tre, Alfa, Rose Villain (altro precotto nella scorsa edizione), Mr Rain (idem come prima). “Poooi abbiamo” il reparto robivbecchi, non necessariamente in senso anagrafico, certamente in quello artistico: Ricchi & Poveri, Loredana Bertè, mettiamoci pure, via, la coppia di fatto Renga & Nek, i tre non-tenori del Volo (si è mai visto un tenore cantare a microfono?), la Dolores Ibarruri del pentagramma, Fiorella Mannoia, e immaginiamoci il pippone sui femminicidi, eccetera.

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Dimentichiamo qualcuno? Probabilmente, e chi se ne frega: tanto il gioco è chiaro, tutti i target per fare i soliti 12, 14 milioni omerici di disperati che per una settimana verranno bombardati di niente. Chi poi dovesse vincere, si vedrà alla luce delle logiche politiche, cioè monetarie: i nomi circolano, alle giurie di qualità, popolari e addirittura di giornalisti ormai non crede più neanche la più sventata delle pazze che bivaccano davanti alla passerellona dell’Ariston con un’autonomia di 18 ore a 0 gradi. Roba più svalutata dei cambiamenti climatici.

Torniamo all’inesorabile duo Ama & Ciuri. Che hanno già scassato lo scassabile: ormai i telegiornali sono cosa loro, li aprono, li chiudono e in mezzo ci fanno un altro siparietto, con la conduttrice-sodale che finge orgasmi di spasso. Un paio d’anni fa si distinsero per quella ignobile scenetta in cui perculavano i novax, spasmi spastici e moti fulminee. Poi le morti improvvise sono piovute davvero, per lo più sui vaccinati: non si esclude un remake, tanto a loro, Ama & Ciuri, ricchi e famosi, tutto è concesso. Loro sono impuni e immuni.

Max Del Papa, 4 dicembre 2023

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