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Top da uomo: la terribile moda lanciata da Maneskin e Mahmood

L’indumento dell’estate sarà il crop top maschile, la nuova tendenza genderfluid lanciata dai due cantanti

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Heri dicebamus dell’homo cucù, al secolo l’uomo che non deve chiedere mai, tanto non gliela danno non essendo più un uomo ma un invertebrato che più si sforza di castrarsi e più non basta e allora paga, e paga pure caro, per andare ai corsi dove impara a cancellare la mascolinità tossica, che sarebbe la mascolinità a prescindere. Oggi l’agenda globalista si arricchisce di un nuovo passaggio, il crop top. Cioè quell’affarino che alle femmine sta benissimo, scoprendo il pancino e valorizzando le tette, ma i maschi li cancella, li trasforma in celenterati. Eppure ci credono: i siti marchettari rigurgitano esaltazioni per questa vaccata da homo effemminatus, tra gossip e business: chi la incarna? Eh beh, gli artisti dei nostri tempi: Mahmood, Achille Lauro, Damianodeimaneskin. Tutti griffati Gucci, vedi un po’. Oggi se si parla di musica non contano armonie, melodie, ma: come si veste, quante visualizzazioni fa, dove sta in classifica su Spotify, chi lo griffa.

Ahò, chi ti griffa a te? Ed eccoli qua, col pancino piatto piatto valorizzato dal crop top, li mortacci loro. “Una tendenza che ha subito varcato i confini nazionali, abbracciata prontamente dai rocker nostrani. Achille Lauro e Damiano dei Maneskin sono stati tra i primissimi a mostrarsi orgogliosamente con indosso questo capo genderfluid. Dalla versione sportiva della Levi’s a quella da sera abbinata ad una giacca, hanno conquistato anche i più riluttanti. Da ultimo anche Mahmood pioniere della moda genderless, ha ceduto alla tendenza del momento. Il cantautore milanese si è mostrato su Instagram con indosso un crop top bianco con stampa. Alessandro ha voluto abbinarlo a dei jeans a vita bassa con slip in vista, per un perfetto look anni ’90. Da Maison Margiela a Balenciaga, passando per Asos, i crop top da uomo sono sempre più richiesti anche negli e-commerce. Che grazie alle pop star nazionali diventeranno presto un must-have dell’estate?”.  Dieci righe scritte da bestia, perché sono fatte dagli uffici commerciali delle griffe, quattro (auto)citazioni di marchi: capito come si fa comunicazione da queste parti?

È il mercato, bellezza! E noi siamo a favore del mercato. Però, però. Però ci sia consentito dire, come motteggiava Fanfani, che sempre più il mercato sembra in funzione di altro e in questo caso l’altro è la sostituzione cerebrale di un Occidente che pare a fine corsa. Il guaio guaione non è tanto la moda ameba di questi apprendisti artisti, che al più possono arrivare al ruolo di influencer da Eurovision: passano la vita tra palestre, feste, atelier, per forza possono sfoggiare ‘sti affari, gonnelle, toppettini, smaltini, tacchi 12; il casino è che subito si scatena una pandemia di poveri deficienti, o scheletrici emaciati alla Fassino, o panzoni inverecondi convinti di essere come Achille, Mahmood e Damiano. Per di più pagando, e pagando carissimi questi lacerti, tutti felici di rimpinguare il conto in banca dei banchieri-influencer formato gender. Dicono che “a lanciare la tendenza” sia stato il figlio di Beckham, il calciatore-modello unito in società familiare con una Spice Girl, vecchio gruppo di sgallettate griffate, questo Romeo Beckham “sposato alla designer angloindiana Supriya Lele”. Noi uomini (veri) del Novecento siamo fermi a Lele Oriali, uno che, boyadine, picchiava come un fabbro. E mesti osserviamo la deriva globalista dell’uomo che deve vergognarsi di essere uomo, lo evirano di ogni dignità e va in giro col crop top e magari miagola come Mahmood.

Ma, cari ragazzi, cari Millennials, se insieme alle palle non vi hanno seccato anche quel po’ di cervello, provate a farlo funzionare: constatate la faccia di Damianodeimaneskin quando non scopiazza Il Rocky Horror ma lo mandano in giro da persona normale: troverete un ragazzino completamente anonimo, insignificante, il classico sfigato del liceo, comunque assai meno interessante di voi al naturale. Perché, cari figlioli, è solo posa, una fottuta posa. E esiste una faccenda, che si chiama agenda 2030, che vuol conformarvi tutti nel segno di Greta e degli influencer da crop top. Non c’è altro, non è il tanto scomodato David Bowie, che pure lo faceva per soldi ma, nel 1970, aveva un senso dirompente.

Adesso da dirompere non c’è rimasto niente, è solo un passare alla cassa, ma voi non ce la farete mai a raggiungerli perché questi mostriciattoli non esistono in natura, e voi vi dannerete finché non scoprirete, fra due o tre anni, che questi manichini cominciano a diventare mollicci ai bordi e a sfoggiare palandrane che mascherano le pancere. E vi diranno che è il nuovo “must-have”. E vi farete fare la predica moralista dalla Giorgia Soleri di turno. Chi? Giorgia Soleri, quella che di sé dice “ho anche un nome mio”. Sì, ma kikazè? Giorgia lafidanzatadidamianodeimaneskin. Ah, mo’ ho capito, quella che c’ha la vaginite e pretende che il mondo se ne occupi. Sì, proprio lei. Ma non era la vulvodinia? Ma che ne so, credevo fosse nata in una regione tipo la Transilvania, la Vulvodinia… Sì ma adesso è storia vecchia, adesso Giorgia la fidanzata è poetessa, ha fatto una raccolta di poesie uterine e la Rai, prima azienda culturale del Paese, l’ha mandata in televisione due volte in tre giorni. Roba che i poeti in tivù ormai non ci vanno più manco se si chiamano Shakesperare. Giorgia sì. Essendo la fidanzata di quello col crop top. Dannato d’un porco mondo porno, non bastavano i Ferragnez, ci volevano pure i Manescheri.

Max Del Papa, 20 maggio 2022

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