Il generale smentisce la “sconfitta” russa: “Mosca non ha mai parlato di guerra lampo”

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E se Putin non avesse mai pensato ad un blitzkrieg, una guerra lampo, per la sua “operazione speciale” in Ucraina? Le intelligence occidentali, insieme a quella ucraina, sono convinte che lo Zar volesse piegare Kiev nel giro di tre o quattro giorni. Addirittura sognava di entrare da liberatore tra gli applausi festanti dei cittadini convinti della sua opera di “de-nazificazione”. Non è andata così. Anche l’appello ai soldati ucraini a ribellarsi contro Zelensky non ha sortito effetti. E ormai si combatte da oltre un mese, con la Russia che avanza ad Est e a Sud ma non è ancora riuscita a far capitolare Mariupol, Odessa e Kiev.

La ricostruzione degli 007 occidentali ha un senso, sia chiaro. Eppure per il generale di Corpo d’Armata, Carlo Bellinzona, l’idea originaria del Cremlino non era affatto quella di una guerra lampo. Cero, c’è stato un “tentativo iniziale di un colpo di mano di paracadutisti rivolto alle istituzioni ucraine”, magari per uccidere o costringere alla fuga Zelensky, ma “l’operazione militare non ha mai avuto i connotati di un blitzkrieg, perché non è così che combattono i russi”. In Ucraina dunque “si combatte una guerra di attrito in cui il tempo sembra giocare a favore dei russi, posto che a differenza di quest’ultimi gli ucraini hanno già mobilitato tutte le risorse umane a loro disposizione. La manovra dei russi è impostata sulla sistematica eliminazione delle sacche di resistenza ucraine, più che sulla tenuta di posizioni”.

La differenza di uomini da schierare è infatti enorme. La Federazione può contare volendo su 850mila militari in servizio attivo e oltre due milioni di riservisti. Non tutti sono sul fronte ucraino, ma se le cose dovessero mettersi male il ricambio di uomini in armi per Putin è praticamente sconfinato. Zelensky invece può contare su 200mila effettivi, oltre ai civili maschi cui è stato impedito – per legge marziale – di lasciare il Paese. Sui carri armati, simile sproporzione: 12mila russi contro 2,500 ucraini. E ancora: 30mila mezzi corazzati di Mosca contro i 12mila di Kiev, cui occorre aggiungere 544 elicotteri militari e 4mila caccia russi a fronte di appena 350 velivoli militari ucraini. Non è un caso se il presidente ucraino non manca ogni giorno di chiedere l’intervento della Nato: se possibile, con una  No Fly Zone; o almeno regalando caccia all’Ucraina. Richiesta per ora caduta nel vuoto.

Ma gli ucraini, dunque, quali speranze hanno? “In quattro settimane di combattimento gli ucraini, evitando sempre uno scontro in campo aperto che avrebbe impegnato forze ingenti, hanno optato per una difesa mobile organizzata su una serie di azioni di fuoco improvvise e rapidi sganciamenti – dice il generale a Libero – che ha avuto l’effetto di ridurre le capacità operative russe forse di un trenta per cento, rallentando un’operazione che nelle previsioni sarebbe dovuta essere travolgente”. Il problema è che le armi leggere, quelle controcarro e antiaeree che stiamo mandando a Kiev potrebbero non bastare. “Non saranno sufficienti – conclude Bellinzona – Nel caso più favorevole, questioni logistiche e modalità di consegna a parte, ogni altra alternativa da un lato implica inevitabili problemi di tempo e di addestramento degli Ucraini all’uso di nuovi sistemi d’arma, dall’altro la disponibilità di sistemi d’arma ancora più distruttivi rischia un’immediata ritorsione russa con aggravamento del conflitto del quale, di nuovo, l’Ucraina pagherebbe il prezzo più alto in termini di vittime, profughi e infrastrutture”.

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