Il governo dichiara guerra alla proprietà privata

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In una calda serata domenicale, la Commissione Bilancio della Camera – su proposta di Pd e Leu – ha approvato un emendamento al decreto “rilancio” (mai appellativo fu meno opportuno) con il quale si bloccano fino alla fine del 2020 tutti gli sfratti, abitativi e non abitativi, per finita locazione e per morosità. Per spiegare una decisione del genere, la cui responsabilità non può che ricadere sull’intera maggioranza, si possono formulare varie ipotesi: a) non sanno quello che fanno; b) sono accecati dall’ideologia; c) sono dei poveri demagoghi.

Purtroppo, nessuna delle tre ipotesi può credibilmente essere scartata, così che la cosa più verosimile è che si sia verificata un’interazione fra di esse. Di certo, si tratta di una decisione irresponsabile e di un oltraggio al diritto di proprietà. Ancora più odioso se si pensa che i cittadini ai quali viene impedito per legge di tornare in possesso del proprio bene – perché di questo, in sostanza, si tratta – sono gli stessi ai quali il Governo ha negato qualsiasi forma di aiuto nel momento in cui sono stati chiamati a pagare, il 16 giugno scorso, la prima rata dell’Imu, la patrimoniale sugli immobili. Neppure un rinvio di qualche mese della scadenza.

Impedire l’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili significa sospendere il diritto, espressamente danneggiando una specifica parte contrattuale, quella del proprietario-locatore. Quest’ultimo, infatti, pur avendo ottenuto un provvedimento giudiziario che gli permette di riacquisire la disponibilità del suo immobile (perché il contratto ha avuto termine o perché l’inquilino ha smesso di pagare il canone), non può vedere applicato quel provvedimento per effetto di una legge che rende di fatto inoperante la decisione dei giudici.

Chi legifera in questo modo, naturalmente, si disinteressa della condizione della parte che subisce la norma, vale a dire il proprietario-locatore. Quest’ultimo può aver perso il lavoro, può essere in cassa integrazione, può essere una partita Iva in crisi, può avere rate di mutuo da pagare, può avere in corso rilevanti e costosi interventi di ristrutturazione. Può, in sostanza, passarsela male – e magari peggio del suo inquilino, come spessissimo avviene – ma il politico ignorante-ideologizzato-demagogo (le tre ipotesi in una di cui sopra) se ne frega.

No, per lui valgono ancora le concezioni degli anni ’70: in difficoltà può trovarsi solo il conduttore, che abiti una casa in affitto o eserciti un’attività in un locale commerciale. Il proprietario – come ha detto qualche settimana fa in tv una giornalista un po’ sovraesposta – “avrà dieci immobili”.

Con questo approccio, la deriva è scontata e consiste nel “fare i generosi con i soldi degli altri”, la più nauseante delle pratiche politiche.

Giorgio Spaziani Testa, 29 giugno 2020

 

 

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