Il governo “europeista” prende solo schiaffi dall’Europa

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Roberto Gualtieri, nella conferenza stampa di ieri, sembrava un sequestrato che legge il comunicato preparato dai suoi rapitori. Ci ha provato, il ministro dell’Economia, a venderci come un successo dell’Italia il negoziato sul Mes. Intanto, Mario Centeno, capo dell’Eurogruppo, lo smentiva impietosamente, ripetendo fino alla nausea che le trattative sono chiuse, che il rinvio al 2020 non significa spazio per emendamenti. Al massimo, si potranno limare i dettagli tecnici. Restano invece tutti i punti controversi del salva-Stati, quelli che fanno tremare anche autorevoli economisti progressisti, i quali hanno persino firmato un appello di Micromega contro il meccanismo che le crisi, anziché combatterle, potrebbe innescarle. Restano persino le modifiche alle clausole che servivano ad allontanare ipotesi di ristrutturazione del debito pubblico.

Per semplificare brutalmente: i cambiamenti facilitano il panico sui mercati e il depauperamento dei risparmiatori italiani. È finita l’era in cui, se ritrovavi i buoni del Tesoro nell’armadio della zia, potevi sperare di diventare ricco. Non c’è che dire: un vero trionfo, per il governo amico dell’Europa. Europa nella quale abbiamo persino collocato un commissario all’Economia italiano, benvoluto dagli autocrati di Bruxelles.

Ma come? Non ci era stato detto che i sovranisti ci avevano isolato, che fare i riottosi ci rendeva più deboli, che anziché arrivare sempre ai ferri corti con l’Ue, dovevamo chinare il capo e chiedere misericordia? Non ci era stato detto che serviva un governo europeista per ammorbidire l’Europa?

Alla fine, la flessibilità per la manovra giallorossa è paragonabile al margine ottenuto dal Conte 1, quando la manovra l’ha scritta pure la Lega. Il Mes ce lo teniamo così com’è. La «logica di pacchetto», invocata dal premier, rischia di trasformarsi in una logica del «pacco»: l’unione bancaria alla tedesca minaccia di essere un massacro per il nostro sistema creditizio. Per digerire una fregatura, imploriamo che ce ne diano anche un’altra. E persino sui migranti, la love story dell’esecutivo con Bruxelles non ha prodotto risultati apprezzabili.

L’accordo di Malta, su base volontaria, è come un giuramento firmato da Pinocchio. Lo certifica l’Istituto di politica internazionale: i migranti redistribuiti nell’era di Matteo Salvini al Viminale erano il 44%. Con Luciana Lamorgese sono il 46%. Non esattamente un’impennata, per un governo che sta all’Ue come il ragioner Calboni di Fantozzi stava al megadirettore galattico. Ecco: abbiamo un governo Calboni. Sapete che fine hanno fatto gli ultimi sbarcati, quelli di novembre? Dovevamo già averne ripartito l’82% tra i nostri volenterosi partner. Ne abbiamo collocato solo il 57%.

Se questa è la magnanimità dei nostri ritrovati amici europei, non resta che la saggezza antica: dagli amici mi guardi Dio, che dai nemici mi guardo io.

Alessandro Rico, 6 dicembre 2019

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