Il governo non se ne rende conto, ma sarà un’estate “infernale”

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Si preparano una fine d’estate e un inizio d’autunno infernali, ma non ditelo agli artificieri della maggioranza giallorossa, che hanno (più o meno consapevolmente: e non si sa quale sia l’ipotesi peggiore) predisposto un ordigno esplosivo pronto a deflagrare in modo devastante.

Primo punto. A metà agosto scadono i cinque mesi (erano due, ma il decreto rilancio ne ha aggiunti altri tre) in cui le imprese non potranno licenziare a causa dell’emergenza Covid. Norma demagogica e statalista, sia chiaro: anche perché, per tutto questo periodo, mette a carico delle sole imprese private l’esigenza di tenuta sociale. In ogni caso, giudizio negativo sulla norma a parte, è un fatto oggettivo che a metà agosto quell’ombrello si chiuda.

Secondo punto. Il 16 settembre scatta una vera e propria Apocalisse fiscale, con le imprese che saranno chiamate a pagare in un colpo solo (o con la poco eccitante “alternativa” di quattro rate mensili consecutive fino a dicembre) tutte le scadenze fiscali rinviate da marzo in poi. E non si vede con quale liquidità le aziende possano far fronte a questo terrificante impatto.

Morale: chiunque abbia un minimo di contatto con la realtà comprende che l’incrocio tra questi due elementi, unito a una devastante scarsità di ricavi nel periodo estivo, porterà a una valanga di fallimenti e licenziamenti, o di licenziamenti e fallimenti, nell’ordine che ciascuno “preferisce”.

La sensazione è che i giallorossi, attenti come sono solo alla loro constituency elettorale dei dipendenti pubblici, vivano nella convinzione che il settore privato (autonomi, imprese e loro dipendenti) possa in qualche modo farcela da sé. Ma stavolta rischia di non essere così: con conseguenze economiche e sociali terrificanti. E il meccanismo prescelto dal cosiddetto decreto rilancio per le risorse a fondo perduto (solo il 20%, o il 15%, o il 10% della differenza tra il fatturato di aprile 2020 e quello di aprile 2019), oltre a essere arbitrario per il mese prescelto, è assolutamente inadeguato nella quantità a fornire un qualche significativo sollievo.

Tradotto brutalmente: davanti alla valanga di tasse e di impegni (dipendenti, fornitori ecc) e alla penuria di ricavi, non sarà una mancetta di pochissima migliaia di euro, come accadrà alla gran parte delle imprese, a far pendere la bilancia dalla parte della prosecuzione dell’attività.

Lo diciamo ora, a fine maggio. Non basterà agli uomini del governo e ai loro portavoce elencare burocraticamente in tv le misure approvate, e recitare come giaculatorie i titoli dei provvedimenti. La tenaglia di fallimenti e licenziamenti rischia di essere letale. E non sarà certo il bonus per i monopattini a risollevare l’umore degli italiani…

Daniele Capezzone, 25 maggio 2020

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