Il Pd scopre un’altra emergenza: il proporzionale

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Il Partito democratico ha scoperto un’altra emergenza: fare la legge elettorale ad impianto proporzionale. Mentre il Paese è inabissato nella peggiore crisi economica dal dopoguerra, per la sinistra la priorità è garantirsi continuità al potere con un sistema elettorale sartoriale, fatto su misura per una maggioranza parlamentare che ha in nuce la vocazione al trasformismo. Goffredo Bettini, il guru di Nicola Zingaretti, ha indicato come priorità la riforma elettorale per contemperare gli effetti del taglio del numero dei parlamentari.

Il progetto reazionario del Pd consiste nel riesumare il proporzionale, corretto dalla soglia di sbarramento al 5%, finalizzato a liberare l’alleanza di governo dalle molestie di Matteo Renzi e a disarticolare il centrodestra. In una recente intervista Bettini ha dichiarato che «senza legge elettorale il sì al referendum è pericoloso», prefigurando una mobilitazione per il “no” al taglio dei parlamentari senza l’intesa sulla riforma elettorale. In sostanza il messaggio rivolto ai grillini si poggia su un do ut des: i dem sostengono il referendum sulla riduzione dei parlamentari, ascrivibile a Di Maio e soci, affinché i 5 Stelle diano il beneplacito al proporzionale.

Il disegno del Pd va respinto perché in democrazia le regole del gioco non si cambiano per uniformarle agli interessi di chi ne propone la revisione. Peraltro, il proporzionale senza regole di efficientamento istituzionale rischia di provocare frammentarietà nel quadro politico, perché fertilizza il terreno della proliferazione partitica. La soglia di sbarramento può essere aggirata con i partiti, sotto il valore minimo, che fanno sistema e una volta ottenuta la rappresentanza si decompongono in tante entità bonsai che ingolfano il processo parlamentare con la distorsione di concedere un ruolo determinativo alle sigle minori. Il sistema maggioritario, invece, può incoraggiare a metabolizzare l’alternanza, esercitando un fattore di ordine nei blocchi contrapposti e semplificando la competizione in una logica bipolare.

Con il proporzionale il governo è emanazione della mediazione parlamentare, esautorando l’indirizzo politico degli elettori che ex post può essere manipolato in senso contrario alla sua espressione. Il maggioritario, viceversa, favorisce la formazione di aggregazioni omogenee ex ante il voto, disinnescando formule consociative che travisano l’orientamento popolare. La formula elettorale maggioritaria si incarica di anteporre la volontà degli italiani nel tracciare il perimetro della maggioranza parlamentare. Il Paese ha bisogno di una classe “dirigente” che lo tiri fuori dal guado, anzi dalle sabbie “immobili” nelle quali ristagna da troppo tempo. Ma con il Pd e i 5stelle che dettano l’agenda politica siamo condannati alla palude vischiosa.

Con il progetto dal sapore nostalgico del Pd si reiterano le abitudini riprovevoli, che pensavamo ormai archiviate, della prima Repubblica attraverso la superstite testimonianza dei dem che, nell’evoluzione di travestimento nominalistico per darsi una parvenza di modernità non ha rinunciato alla sua natura comunista con vocazione egemonica sulla società.

Nell’operazione non potevano mancare gli utili idioti di leninistica memoria con i 5 stelle che, nella narrazione fraudolenta della diversità, si stanno dimostrando mediocri complici della restaurazione.

Andrea Amata, 5 agosto 2020

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