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Il prossimo lockdown sarà “verde”

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di Beatrice Nencha

Nonostante i primi segnali di uscita dalla pandemia, con oltre 276 milioni di dosi distribuite negli Usa e una progressiva riconquista delle libertà (tra cui quella di non indossare mascherine per i vaccinati), l’ottimismo degli americani sembra andato in fumo. Nelle scorse settimane, sulle tv locali e nazionali abbiamo assistito a scene da Ritorno al futuro: file di auto hanno assediato per giorni i distributori, riempiendo di benzina taniche e sacchetti di plastica, mentre centinaia di stazioni di servizio, in tutta la East Coast, chiudevano per esaurimento delle scorte. Panico generale, scene di isteria. Simili a quelle verificatesi quest’inverno in Texas, quando 4 milioni di cittadini sono rimasti per molti giorni al buio e al freddo, con temperature sotto lo zero, a causa del blackout energetico dovuto al gelo. La Casa Bianca si è difesa attribuendo il blackout petrolifero a un attacco di hacker russi all’oleodotto Colonial Pipeline, il più grande degli Stati Uniti, che si è rivelato un gigante assai vulnerabile. Ma c’è qualcosa che non torna nella “narrazione ufficiale”. In molti sono convinti che i lockdown pandemici possano a breve essere rimpiazzati da ricorrenti lockdown climatici. E anche se tinti di green, e promossi dai media che già ne esaltano i benefici ambientali, sono scenari che fanno paura.

Le chiusure green

Sarà una coincidenza, ma in un articolo del 3 marzo la prestigiosa rivista Forbes titolava: “Il mondo ha bisogno dell’equivalente di un lockdown pandemico ogni due anni, nell’arco di un decennio, per raggiungere gli obiettivi prefissati dall’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici riguardo la diminuzione delle emissioni di anidride carbonica” a partire dall’anno 2020. Non è remota la possibilità che l’Amministrazione Usa potrebbe ricorrere a nuovi lockdown “controllati” per costringere i cittadini a cambiare radicalmente i propri stili di vita: niente più auto a benzina, niente più consumo di carne, niente più ricorso al denaro contante e sempre meno spostamenti “di piacere”.

La nuova religione chiusurista

Al World Economic Forum, in favore della green austerity si sono già pronunciati il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres e quello che da molti viene considerato il nuovo Steve Jobs, il magnate Marc Benioff, fondatore e ceo del colosso americano del cloud computing Salesforce, e padrone del Time. Il claim della nuova élite mondiale è che i lockdown sono stati formidabili promotori di cambiamento, provocando il record di riduzione nelle emissioni di anidride carbonica di 2.6 miliardi di tonnellate quest’anno. Del tutto ininfluente, in queste stime, il costo di sofferenza umana dietro al ricorso degli arresti domiciliari promossi dallo Stato contro i suoi cittadini.

Il pessimismo degli americani

Così molti americani sono oggi più pessimisti sul futuro di quanto non lo fossero lo scorso ottobre, quando ancora non era stato approvato il vaccino. In aprile, il numero di acquisti al dettaglio è stato inferiore al previsto mentre il rapporto sull’occupazione per il mese scorso è stato decisamente tetro. In molti preferiscono restare sul divano, con l’assegno da 300 dollari bonificato dal governo, piuttosto che rispondere agli annunci di lavoro. La fiducia dei consumatori è crollata dall’88.3 di aprile all’82.3 di maggio, il dato più basso registrato dal mese di febbraio e al di sotto delle previsioni degli esperti. Anche le aspettative dei consumatori per il futuro sono precipitate a 77.6 da 82.7 di aprile. Questo registra il consueto Rapporto mensile dell’Università del Michigan, un sondaggio panel a rotazione basato su un campione rappresentativo di famiglie a livello nazionale.

Pericoli in vista

Proprio quando tutto dovrebbe andare per il meglio, altre nuvole si profilano all’orizzonte per il cittadino americano della middle class. A partire dal record di 750mila immigrati che hanno varcato illegalmente il confine con il Messico, da quando il presidente Joe Biden si è insediato, fino alle tensioni crescenti in Medio Oriente e in Israele, senza contare l’escalation di criminalità registrata in molte metropoli del Paese. Alle prese con le tensioni del movimento Black Live Matters, il cui mantra è la richiesta di maggiore “equità” – fatta propria, per la prima volta, anche da uno spot di reclutamento della Cia – associata al definanziamento della polizia.

Il pericolo inflazione

Tuttavia la nuova, invisibile, e più temuta minaccia si chiama inflazione. L’indice dei prezzi al consumo di aprile dimostra che il costo della vita ha superato il 4% rispetto all’anno passato, registrando il piì grande incremento negli ultimi 13 anni.  Le aspettative di reddito corrette per l’inflazione sono state le più basse a marzo da gennaio 2017 a causa di un aumento dell’inflazione, che ha colpito l’America sotto forma di rincari nei prezzi delle materie prime e di alcuni beni di largo consumo: carburanti, petrolio, acciaio, rame, legname, macchine usate. Diciannove procuratori generali repubblicani hanno inviato una lettera al presidente Biden paragonando gli aumenti dei prezzi, la carenza di carburante e di gas che gli americani stanno sperimentando a “quelli visti durante l’amministrazione Carter”. Il presidente autore del celebre “Discorso sul malessere” alla nazione, contro lo stile di vita americano. Fondato sul consumismo e su un sistema produttivo basato sul petrolio e sulle importazioni di greggio da Paesi esportatori dell’Opec, in particolare dall’Iran dell’ayatollah Khomeini, con cui gli Usa entrarono in collisione. Risultato: una crisi energetica senza precedenti, imprese al collasso, viaggi di lunga percorrenza annullati, milioni di posti di lavoro bruciati, incertezza sul futuro del ceto medio. Era il 1979, ma assomiglia maledettamente al 2021.

Crisi economica in vista?

Da questo punto di vista, l’indagine sul “sentimento dei consumatori” elaborata dall’Università del Michigan è emblematica quando rileva che “l’indicazione del prezzo netto per le condizioni di acquisto di immobili, veicoli e beni durevoli per la casa sono state più negative che in qualsiasi altro momento dalla fine dell’ultima era inflazionistica nel 1980”. Molti economisti, tra cui il più famoso democratico è Larry Summers, hanno sostenuto per mesi che una politica monetaria estremamente espansiva e un’impennata gigantesca (non necessaria) della spesa per stimoli potrebbero innescare l’inflazione. Al pari di programmi come l’American Jobs Plan da 2,65 trilioni di dollari e il Piano per le famiglie da 1,8 trilioni di dollari, che sono in gran parte enormi incentivi a favore di “gruppi di interesse” legati ai Democratici come i sindacati degli insegnanti e il Service Employees International Union (SEIU), un sindacato che rappresenta quasi 1,9 milioni di lavoratori di oltre 100 settori negli Stati Uniti e in Canada.

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