Il trucco del governo che inguaia le aziende

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Una legge aurea liberale è che meno si legifera e meglio è. Quando poi a farlo sono i giallo-rossi e parlano di semplificazioni, beh allora conviene scappare. Sotto l’ambizioso titolo di legge sulle semplificazioni e con 157 voti favorevoli sono passate al Senato una serie di norme che renderanno la vita delle imprese decisamente più complicata. Fino a ieri, le imprese di costruzioni potevano demolire un palazzaccio e ricostruirlo daccapo. Senza guadagnare neanche un metro in volumi. Dovevamo ottenere ovviamente molti permessi, infinite autorizzazioni comunali (comprese le cosiddette Scia), ma dopo qualche anno (non settimane, non mesi, ma anni) portavano a casa il risultato. Si chiama rigenerazione.

Nelle intenzioni di ogni essere pensante si tratta di attività buona e giusta. Non si consuma territorio, come ora si suol dire. Si rottama il vecchio, spesso orrendo e malandato, e sopra si costruisce il nuovo: energeticamente (visto che va tanto di moda) efficiente e più gradevole. Tutti contenti? Mica tanto. Il governo è riuscito a piazzare all’articolo 10 del decreto semplificazioni, una piccola norma, oscura ai più, ma ben nota agli addetti al settore, per cui la cosiddetta rigenerazione urbana, che non fa male a nessuno, viene di fatto cancellata. O meglio per demolire e ricostruire è necessario un iter autorizzativo molto più complicato e non più comunale. La cosa riguarda le cosiddette Zone A. E anche qui, vai a capire cosa voglia dire. Semplice. Facciamo l’esempio di Roma. Non si può demolire senza autorizzazione Palazzo Barberini: vorremmo ben vedere chi sia il folle che pensi una cosa del genere, in un edificio storico del centro. Ma al contempo non si può demolire e ricostruire neanche un capannone ad Ostia o sulla Casilina: in genere fatiscente, piuttosto funzionale per diventare dormitorio clandestino o luogo di spaccio.

La stessa legge prevede un incredibile eccezione allo stadio di Firenze (by Nervi) che evidentemente ha fatto digerire l’intera legge alla componente toscana del governo. Avete capito bene. Con le legge sulle semplificazioni i costruttori e i proprietari di immobili, di fatto non potranno distruggere e ricostruire, anche se i loro immobili vecchi e cadenti non si trovano nei centri delle città e anche se la loro storia architettonica è simile a quelle di una favela di Rio. Questi fenomeni del governo Conte sono riusciti a mettere d’accordo l’associazione dei costruttori, l’Ance, e gli ambientalisti di Legambiente, uniti nel denunciare la follia di questo articolo. Non che le cose siano andate meglio per i grandi appalti. A parte qualche fortunata «marchetta ingegneristica» che avrà un commissario (meglio di niente in effetti), il sistema delle autorizzazioni non cambia di una virgola. Le valutazioni di impatto ambientale, vero ostacolo ad ogni pietra che si voglia muovere in Italia, restano quello che sono.

Anzi, in un soprassalto di grillismo ante litteram, si concedono quindici giorni in più ai cittadini coinvolti per dare il loro parere. Il fanatismo rosso-giallo ha infine partorito, leggete l’intervista di Zanetti, un’altra norma tributaria allucinante: neanche padre Pintacuda avrebbe potuto fare di meglio nel considerare il sospetto l’anticamera della verità. Ebbene, chiunque abbia un contenzioso con il fisco (non stiamo parlando neanche di una condanna di primo grado) potrà arbitrariamente essere escluso da una gara da parte di una stazione appaltante. Roba da Venezuela.

Chiunque pensa che si esageri, tenga da conto questo inutile pezzullo di carta, e lo rispolveri al prossimo decreto Semplificazioni, quando verrà proposto di semplificare le semplificazioni del 2020, in quell’incredibile gioco dell’oca, in cui le imprese, preferirebbero a questo punto un non governo a questo genere di governi.

Nicola Porro, Il Giornale 8 settembre 2020

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