Come ogni 29 aprile, il corteo per commemorare Sergio Ramelli, il giovane militante del Fronte della Gioventù barbaramente assassinato nel 1975 da un commando di Avanguardia Operaia, ha attraversato le vie di Milano. Duemila persone in processione da Piazzale Gorini a via Paladini, dove abitava il giovane e dove campeggia il murale con la scritta “Ciao Sergio”. Un’iniziativa partecipata da militanti, sigle storiche della destra extraparlamentare e volti noti. E puntuali, come ogni anno, le polemiche.
Da alcuni appartamenti lungo il percorso, le note di “Bella ciao” si sono levate come forma di provocazione, nella solita recita antifascista. Un copione prevedibile, mentre c’è chi – come il presidente del Senato Ignazio La Russa – ha predicato la via della pacificazione. Da giorni l’esponente di Fratelli d’Italia partecipa a cerimonie commemorative dedicate a Ramelli in diversi comuni dell’hinterland milanese, rilanciando l’idea che la memoria possa unire e non dividere. Un messaggio che abbraccia anche i nomi di Fausto Tinelli e Lorenzo “Iaio” Iannucci, i due militanti di sinistra frequentatori del centro sociale Leoncavallo uccisi nel 1978 in un agguato rimasto senza colpevoli. Un’apertura, quella del centrodestra, raccolta anche dal sindaco Beppe Sala, che ha proposto di intitolare vie o piazze a tutte le vittime del terrorismo, indipendentemente dall’orientamento politico. Una proposta giudicata “estremamente favorevole” da La Russa, a dimostrazione di come una memoria condivisa sia possibile – se lo si vuole davvero.
Ma, come dicevamo, non sono mancate le polemiche. Basti pensare alle immarcescibili domande dei cronisti sulle presunte “ombre” dei saluti romani durante il corteo. Perchè in Italia siamo ancora fermi, immobili. La Russa ha replicato ai cronisti con fermezza: “È possibile che vi fermiate sempre alla strumentalizzazione? Io non posso influire su ciò che fanno i partecipanti. Ma oggi siamo qui per dire no alla violenza, per ricordare un ragazzo ucciso per le sue idee. E a voi interessa solo contare le mani alzate”. Una lezione a tutti coloro che preferiscono chiacchierare di “Bella ciao” e saluti romani anzichè dedicare un omaggio e una riflessione a quanto accaduto cinquant’anni fa, quando un giovane come tanti – colpevole di essere del Fronte della Gioventù – venne massacrato da volti di estrema sinistra.
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Il vero problema è che questa eterna disputa folkloristica mette in secondo piano la memoria di Ramelli e di tutte le altre vittime dell’odio rosso. Che senso ha discutere ancora oggi di saluti romani? Che senso ha una provocazione come far risuonare “Bella ciao” durante la commemorazione di Ramelli? Spoiler: nessun senso. La priorità dovrebbe essere l’unità nazionale, per tutti, sia per la destra che – soprattutto – per la sinistra. Mette insieme la nostra storia senza soluzioni di continuità, una storia che non deve affondare le radici nell’odio. Si tratta dell’unica strada praticabile per evitare il ritorno di tempi bui, con esecuzioni e violenze, con morti e vittime innocenti.
Oltre all’importante apertura di Sala, un segnale di speranza è arrivato dal già citato La Russa, che a margine della cerimonia per Enrico Pedenovi — consigliere provinciale del Movimento Sociale Italiano, ucciso da Prima Linea nel 1976 — ha spiegato: “Questa semplice commemorazione, senza segni esteriori, senza saluti particolari, vale più di ogni altra manifestazione. Nel nome di Enrico e Sergio, l’intento è offrire a tutti gli italiani un segnale di concordia, di pace, pacificazione e soprattutto di amore”. In soldoni, la tragica fine di Ramelli deve fare da ponte tra diverse generazioni e tra diverse idee politiche: per raggiungere l’obiettivo è necessario superare l’inutile controversia legata agli estremismi.
Franco Lodige, 30 aprile 2025
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