Giustizia

La Corte costituzionale “salva” il diritto di proprietà

Un Tribunale aveva dato “via libera” all’occupazione a scopo abitativo di immobili lasciati in stato di abbandono. La proprietà è sotto attacco

corte costituzionale proprietà privata © Marco Rosario Venturini Autieri e Serhii Yevdokymov tramite Canva.com

Il diritto di proprietà esiste ancora, anche se a qualcuno non fa piacere. Con una sentenza di qualche giorno fa, la Corte costituzionale ha dichiarato la “non fondatezza” delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 633 del codice penale (reato di invasione di terreni o edifici) nella parte in cui si applica anche all’invasione a scopo abitativo di edifici in stato di abbandono da più anni. Ha detto, insomma, che entrare in un immobile senza il consenso del proprietario è giusto che sia un reato punito dal codice penale.

Il Tribunale di Firenze, infatti, aveva messo un’ordinanza nella quale sosteneva che, “se è forse legittimo accordare comunque
una tutela sul piano civilistico ai proprietari di immobili lasciati in stato di abbandono contro eventuali occupazioni abusive, appare irragionevole perseguire queste ultime anche penalmente”, precisando che “pare irragionevole incriminare la condotta di chi – per soddisfare un bisogno fondamentale, oggetto di un diritto inviolabile che il nostro Stato democratico dovrebbe garantire – occupi un immobile (eventualmente anche a destinazione teorica abitativa, come nel caso di specie), ma concretamente lasciato dal proprietario da anni in stato di abbandono”. L’ordinanza così proseguiva: “In tal caso, infatti, il Legislatore – anziché bilanciare congruamente gli interessi in gioco ed in particolare assicurare che la proprietà privata abbia una funzione sociale e operarsi per impedire che delle persone possano rimanere prive di abitazione – accorda una tutela cieca e incondizionata al diritto di proprietà, a discapito del diritto all’abitazione, anche in ambito penale, ove le norme dovrebbero tutelare i valori essenziali della società e limitarsi agli interventi più necessari, venendo in rilievo la libertà delle persone”.

Secondo il Tribunale di Firenze, in sostanza, se un proprietario lascia un po’ andare il suo immobile – magari perché non ha le risorse economiche per farlo – i suoi diritti su quel bene devono lasciare spazio a quelli di chi sia in cerca di un luogo dove abitare.

Per fortuna, la Corte costituzionale ha risposto picche a questo giudice toscano (il Tribunale era “in composizione monocratica”). Nella sentenza del 27 febbraio, infatti, la Consulta ha evidenziato che “scopo della incriminazione ai sensi dell’art. 633 del codice penale è la tutela del diritto di godere pacificamente o di disporre dell’immobile, spettante al proprietario, al possessore o al detentore qualificato” e che oggetto dell’azione delittuosa, quindi, “non possono che essere terreni o edifici altrui, senza alcuna distinzione, e quindi anche terreni incolti, o non produttivi, nonché edifici disabitati o abbandonati”.

Più in particolare, con riguardo alle specifiche osservazioni del Tribunale fiorentino, per la Corte la norma del codice penale, nella parte in cui si applica anche all’invasione a scopo abitativo di edifici in stato di abbandono da più anni, si rivela, anzitutto, “non irragionevole e non lesiva dell’art. 42 Cost., non discendendo dallo stato di abbandono un automatico effetto estintivo dello ius excludendi alios riservato al titolare della situazione di attribuzione del bene”. Né la stessa disposizione appare poi, per la Consulta, “in contrasto con la «funzione sociale» del diritto di proprietà, sia pure posta in stretta relazione all’art. 2 Cost.”. E ciò, “in quanto il dovere del proprietario di partecipare alla soddisfazione di interessi generali e all’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà economica e sociale non significa affatto che la proprietà, anche se in stato di abbandono, debba soffrire menomazioni da parte di chiunque voglia limitarne la fruizione”. Infine, quanto ad un eventuale profilo di illegittimità della disposizione in relazione all’art. 47 della Costituzione, i giudici osservano che tale ultima previsione, “nel disporre al secondo comma che la Repubblica «favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione», individua una forma di garanzia privilegiata dell’interesse primario ad avere un’abitazione e contiene un principio al quale il legislatore è tenuto ad ispirarsi, ma non rende con ciò legittima l’occupazione di un edificio altrui da parte di chiunque intenda destinarlo a proprio alloggio”.

Stavolta è andata bene. Ma l’ordinanza di Firenze rende chiaro qual è il clima in Italia e non solo e quanto il diritto di proprietà sia “sotto attacco”, per usare il titolo dell’ultimo libro di Carlo Lottieri.

Giorgio Spaziani Testa, 4 marzo 2024

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